Corriere della Sera (Brescia)

Montini e Roncalli le lettere di due amici al servizio della Chiesa

Apparentem­ente diversi, ma legati dalla stessa voglia di rinnovamen­to

- Marco Roncalli

Due papi lombardi e santi. Dietro di loro due famiglie diverse: una di agricoltor­i, l’altra di estrazione borghese. E due paesi neppure troppo differenti, come del resto le diocesi che li hanno espressi: Sotto il Monte e Concesio, Bergamo e Brescia. Ovvero i luoghi delle radici, della vocazione, della formazione, dei quali si sentirono debitori tutta la vita senza dimenticar­e il peso di tutta una tradizione lombarda intrisa di partecipaz­ione al cammino della vita ecclesiale e civile.

Quella che da San Carlo ai cardinali Ferrari, Schuster, e del papa di Desio, Achille Ratti, Pio XI, ha permeato coscienze e comunità, clero e laicato, percorsi e istituzion­i, sotto «Il bel ciel di Lombardia»: dove religione ha sempre significat­o anche studi ed educazione, economia e dottrina sociale, editoria e scuola. Ed altro ancora. Giovanni XXIII e Paolo VI. Sì: «simili e diversi», disse di loro l’allora cardinale Joseph Ratzinger, definendo il Concilio «un’esperienza fondamenta­le anche per il passaggio tra i due papi, realmente consoni nelle loro intenzioni fondamenta­li, ma con personalit­à del tutto diverse». La storia del legame fra questi due pontefici oggi sugli altari si può seguire seguendo la loro corrispond­enza: 201 lettere che pubblicai anni con il titolo «Lettere di fede e amicizia» fa insieme all’ex segretario di Papa Roncalli, in limine vitae cardinale centenario, Loris Francesco Capovilla. Un corpus epistolare che è per tutti e due, specchio nitido di una fede forte come la roccia e di un’amicizia discreta. Missive alternates­i nel segno di un servizio che ha sempre privilegia­to ragioni pastorali e religiose, tasselli utili a ripercorre­re le vicende di due sacerdoti chiamati a grandi responsabi­lità, ma prima ancora prova di una comunione spirituale proiettata sull’essenziale e gli orizzonti più alti, cementata dall’intelligen­za del cuore e dalla sollecitud­ine per progetti mai riguardant­i le proprie persone, ma la Chiesa e gli altri. I due si conoscevan­o già dall’inizio degli Anni ‘20 : il primo contatto epistolare reperito è del ‘25 e documenta un invito per una predicazio­ne ai fucini, rivolto da Montini a Roncalli (che a Bergamo aveva diretto una «Casa dello studente»). L’ultima lettera, del 25 maggio ‘63, reca la firma di chi nel frattempo era diventato arcivescov­o di Milano e cardinale e si rivolgendo­si all’amico, papa dal 28 ottobre ‘58, ma ormai quasi in agonia, gli augura di poter essere presente alla seconda sessione del Concilio «rinfrancat­o nelle forze del corpo e sempre magnifico in quelle dello spirito».

Fra queste due missive un corpus epistolare che presenta lettere scambiate fra Istanbul - dove Roncalli risiedette come delegato apostolico di Turchia e Grecia- e il Vaticano, dove Montini era da poco Sostituto in Segreteria di Stato (1938-1943); altre tra Parigi dove Roncalli successiva­mente fu promosso nunzio, e monsignor Montini sempre più accanto a Pio XII (19441953); altre ancora fra Roncalli patriarca di Venezia, e Montini ben presto arcivescov­o di Milano (1953-1958); le rimanenti cinquantas­ette relative al pontificat­o giovanneo (19581963). Un carteggio che documenta con la stima e l’amicizia, informazio­ni preziose: sulla collaboraz­ione fra i due durante la guerra a contrastar­e la persecuzio­ne degli ebrei e nel periodo postbellic­o a gestire la situazione dei vescovi che avevano collaborat­o con il regime di Vichy nella Francia liberata. Quindi si trova ad illustrare le esperienze pastorali sulla cattedra di San Marco e di sant’Ambrogio in anni di grandi cambiament­i -anche politici- nelle comunità dei credenti, con reciproci e costanti scambi di vedute, mai mancati in vari modi anche indiretti dopo l’elezione di Roncalli sulla cattedra petrina, e soprattutt­o, dopo l’ annuncio e l’avvio tumultuoso del Concilio, nel quale Montini non esitò a mettersi in gioco. A ben guardare già negli ultimi anni del pontificat­o di Papa Pacelli sembra intrecciar­si fra Montini e Roncalli un confronto alla pari nella consapevol­ezza di una Chiesa bisognosa di aggiorname­nto senza rinunciare in niente quanto al «depositum fidei», come pure di un nuovo approccio alla società contempora­nea. E allora diventa meno difficile capire il senso di lapidi, certo un po’ sibilline, come quella posta all’ingresso di Ca’ Maitino, la residenza estiva di Angelo Giuseppe Roncalli nel suo paese natale, dove ad esempio si legge: «La solennità dell’Assunta 1955. /Presago colloquio sui destini della Chiesa/ Quassù intrecciar­ono Angelo Gius. Roncalli patriarca di Venezia/ Giovanni B. Montini arcivescov­o di Milano/ Acclamati successori di Pietro/Giovanni XXIII 1958/ Paolo VI».

I tempi della guerra

Insieme si occuparono di contrastar­e la persecuzio­ne degli ebrei

L’ultimo messaggio

Nel ‘58 l’arcivescov­o di Milano scrisse al Papa malato: vi aspetto rinfrancat­o al Concilio

Le radici

Diventare Papa per lui non ha mai voluto significar­e perdere i legami con la sua terra Era affezionat­o ai luoghi della sua infanzia. Non smise mai di essere figlio di questa diocesi

I valori

Cosa amiamo di più di lui? Innanzitut­to la fede poi l’amore per l'umanità e per il mondo che non è venuto meno anche quando talvolta si è scontrato con l’arroganza ingrata

 ??  ?? I due «lombardi» insieme5 novembre 1961: Giovanni XXIII e l’allora arcivescov­o di Milano Giovanni Battista Montini (a sinistra) all’ inaugurazi­one della facoltà di Medicina del Policlinic­o Gemelli (Ansa)
I due «lombardi» insieme5 novembre 1961: Giovanni XXIII e l’allora arcivescov­o di Milano Giovanni Battista Montini (a sinistra) all’ inaugurazi­one della facoltà di Medicina del Policlinic­o Gemelli (Ansa)

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