IL FUTURO È DELLE FONDAZIONI
Virtù private e vizi pubblici. Ricchezze individuali straordinarie e sacche di bisogno che sembrano inestirpabili. Lussi privati e penuria di risorse per la cultura pubblica. Sono le due facce contraddittorie della realtà lombarda, e bresciana. Una delle regioni più ricche del continente non riesce a incrociare (non abbastanza) fasti individuali e destini collettivi. Il quadro potrebbe mutare nell’arco di un decennio o poco più. Le proiezioni demografiche e le previsioni sociologiche annunciano un terremoto. La causa: il crollo demografico degli italiani. L’effetto sarà la disponibilità, sul «mercato» della beneficenza, di risorse oggi impensabili. Che si vada verso un declino demografico della popolazione italiana è un dato percepito da chiunque guardi alla evoluzione della propria famiglia. L’Ufficio Statistica del Comune di Brescia ha messo nero su bianco i dati: impressionanti. Nel 2001, al netto degli immigrati, i bresciani erano 1 milione e 60mila. Nel 2031 saranno 950mila. Ci accingiamo a perdere 100.000 unità. Un decimo del totale. La causa di questa ecatombe? La normale, inesorabile senescenza delle generazioni figlie del baby boom e l’esiguità delle nuove nascite. Fra gli effetti di questo quadro c’è (anche) la liberazione di ingenti capitali. Rami familiari si estingueranno e destineranno alla beneficenza i propri patrimoni. Qualche segnale già affiora con singole, clamorose donazioni a questo o a quell’ente. Ma la tendenza è destinata a crescere. Uno studio della Cariplo, emerso durante il Congresso nazionale delle Fondazioni di comunità italiane svoltosi a Brescia, indica che entro il 2030 il valore dei lasciti testamentari destinati alla beneficenza supererà i 100 miliardi di euro in Italia e i 12 miliardi nella sola Lombardia. A Brescia potrebbero rendersi disponibili beni per 2 miliardi. Se questa massa patrimoniale venisse messa in cassaforte e rendesse il 2 per cento, sul mercato della generosità entrerebbero ogni anno 40 «nuovi» milioni. Ma una parte potrebbe essere alienata subito e la massa di risorse fresche sarebbe ben più ingente. Un tempo gran parte di questi beni sarebbe andata alla Chiesa. Nella società laicizzata di oggi non più. Per questo le Fondazioni di comunità (ma anche quelle di erogazione, quelle benefiche e quelle culturali) sono destinate a diventare attori sociali potenti. Purché sappiano manifestare trasparenza di gestione, chiarezza di indirizzi, coerenza di risultati.