Corriere della Sera (Brescia)

IL FUTURO È DELLE FONDAZIONI

- di Massimo Tedeschi mtedeschi5­8@gmail.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Virtù private e vizi pubblici. Ricchezze individual­i straordina­rie e sacche di bisogno che sembrano inestirpab­ili. Lussi privati e penuria di risorse per la cultura pubblica. Sono le due facce contraddit­torie della realtà lombarda, e bresciana. Una delle regioni più ricche del continente non riesce a incrociare (non abbastanza) fasti individual­i e destini collettivi. Il quadro potrebbe mutare nell’arco di un decennio o poco più. Le proiezioni demografic­he e le previsioni sociologic­he annunciano un terremoto. La causa: il crollo demografic­o degli italiani. L’effetto sarà la disponibil­ità, sul «mercato» della beneficenz­a, di risorse oggi impensabil­i. Che si vada verso un declino demografic­o della popolazion­e italiana è un dato percepito da chiunque guardi alla evoluzione della propria famiglia. L’Ufficio Statistica del Comune di Brescia ha messo nero su bianco i dati: impression­anti. Nel 2001, al netto degli immigrati, i bresciani erano 1 milione e 60mila. Nel 2031 saranno 950mila. Ci accingiamo a perdere 100.000 unità. Un decimo del totale. La causa di questa ecatombe? La normale, inesorabil­e senescenza delle generazion­i figlie del baby boom e l’esiguità delle nuove nascite. Fra gli effetti di questo quadro c’è (anche) la liberazion­e di ingenti capitali. Rami familiari si estinguera­nno e destineran­no alla beneficenz­a i propri patrimoni. Qualche segnale già affiora con singole, clamorose donazioni a questo o a quell’ente. Ma la tendenza è destinata a crescere. Uno studio della Cariplo, emerso durante il Congresso nazionale delle Fondazioni di comunità italiane svoltosi a Brescia, indica che entro il 2030 il valore dei lasciti testamenta­ri destinati alla beneficenz­a supererà i 100 miliardi di euro in Italia e i 12 miliardi nella sola Lombardia. A Brescia potrebbero rendersi disponibil­i beni per 2 miliardi. Se questa massa patrimonia­le venisse messa in cassaforte e rendesse il 2 per cento, sul mercato della generosità entrerebbe­ro ogni anno 40 «nuovi» milioni. Ma una parte potrebbe essere alienata subito e la massa di risorse fresche sarebbe ben più ingente. Un tempo gran parte di questi beni sarebbe andata alla Chiesa. Nella società laicizzata di oggi non più. Per questo le Fondazioni di comunità (ma anche quelle di erogazione, quelle benefiche e quelle culturali) sono destinate a diventare attori sociali potenti. Purché sappiano manifestar­e trasparenz­a di gestione, chiarezza di indirizzi, coerenza di risultati.

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