Croce del Papa Condannati in 4
Da 9 mesi a 2 anni per i membri dell’associazione
Per i giudici di primo grado i responsabili ci sono. La seconda sezione penale ha emesso quattro condanne e un’assoluzione al termine del processo per il crollo della croce del Papa che a Cevo, il 24 aprile 2014, travolse e uccise un ragazzo di 21 anni. Le pene vanno da due anni a nove mesi e colpiscono vertici e membri dell’associazione Croce del Papa. Assolto il progettista che diresse i lavori di ampliamento.
Era il 24 aprile del 2014: quella pesantissima croce di legno realizzata da Enrico Job in occasione della visita a Brescia di papa Giovanni Paolo II nel 1998, insieme alla statua del Cristo, collassò improvvisamente e travolse Marco Gusmini, un ragazzo disabile di 21 anni residente a Lovere che sul Dosso dell’Androla, a Cevo, era in gita con l’oratorio.
Oltre quattro anni dopo arriva anche il verdetto in dibattimento che ha visto imputate cinque persone rispondere del crollo. La seconda sezione penale del tribunale (presidente Riccardo Moreschi) ha emesso quattro condanne e un’assoluzione. Nel dettaglio: due anni a Marco Maffessoli, all’epoca presidente dell’associazione culturale «Croce del Papa» (il pm Cati Bressanelli aveva chiesto un anno e due mesi); un anno a don Filippo Stefani, pena sospesa (dieci mesi la richiesta), nove mesi, così come valutato anche dall’accusa, a Elsa Belotti, pena sospesa, e Bortolino Balotti. Tutti facevano parte dell’associazione. E chi ne faceva parte, anche secondo la procura, non si sarebbe attivato per provvedere alla corretta manutenzione del gigantesco manufatto.
Assolto «per non aver commesso il fatto», invece, il progettista Renato Zanoni, a cui venne affidata la direzione dei lavori di ampliamento nel 2013 e che stando alla ricostruzione del pm — che aveva chiesto per lui un anno e due mesi — non avrebbe verificato adeguatamente la stabilità della Croce del Papa. «Finalmente giustizia è stata fatta» si è limitato a commentare il suo avvocato dopo la lettura del dispositivo in aula.
Una sentenza a cui si è arrivati dopo decine di udienze focalizzate proprio sulle condizioni (e la resistenza) del manufatto. Il legno, ha concluso il pm dopo le testimonianze e le consulenze, «era sicuramente marcio»: per nove anni esposto alle intemperie sul Dosso dell’Androla. Una «marcescenza avanzata» quindi e pericolosa che «una corretta e puntuale opera di manutenzione» avrebbe potuto evitare, così come la drammatica morte di un ragazzo di soli 21 anni. Come stabilito nello statuto dello stesso sodalizio — di cui più volte si è parlato in udienza — per l’accusa, semplicemente, questi lavori erano in capo all’associazione di cui gli imputati (tranne uno) facevano parte — anche rivestendo un ruolo prettamente «religioso» — in quanto proprietaria della Croce, che quindi avrebbero accettato gli oneri che ne derivavano. E non avrebbero dovuto gravare sul Comune di Cevo, proprietario solo del terreno in cui il manufatto fu installato.
Già risarcito il danno, il che rappresenta un’attenuante sia per la decisione del giudice che per le richieste: grazie a un accordo extragiudiziale, il Comune di Cevo ha risarcito i genitori di Marco, per la perdita del loro unico figlio, con 700 mila euro. Quelle in dibattimento non sono però le uniche pene comminate per questa tragedia: nel febbraio di un anno fa, in abbreviato, il sindaco Silvio Marcello Citroni patteggiò un anno e due mesi, mentre il tecnico comunale Ivan Scolari fu condannato a un anno, ridotto a dieci mesi in appello. Assolto l’ex primo cittadino Mauro Giovanni Bazzana.