Grande guerra, gli alpini recuperano le trincee
Qualcuno la ricorda come la quarta guerra d’indipendenza, grazie alla quale l’Italia ha completato l’unificazione, altri ne sottolineano soprattutto il bagno di sangue: gli assalti senza speranza alle trincee nemiche, difese dalle mitragliatrici. La scarsa considerazione della vita dei fanti. I sacrifici dei soldati e i civili rimasti orfani. Seicentomila i militari italiani uccisi, quasi un milione i feriti. Senza contare i caduti austriaci, che furono nella sostanza alla pari.È per tutti questi motivi che «occorre tramandare la memoria di quegli eventi», come ha suggerito il prefetto di Brescia Annunziato Vardè. Che ieri ha reso omaggio all’impegno dell’Associazione nazionale alpini di Brescia, la stessa che ha progettato e coordinato i lavori di recupero delle gallerie e delle trincee che si trovano in Maniva. Oltre 700 gli alpini coinvolti che si sono alternati nei lavori, «tutti gratuitamente» come ha detto il presidente Gian Battista Turrini. Il progetto ha permesso il recupero del bunker che si trova sotto la croce del passo del Maniva, ma l’obiettivo è procedere – anno dopo anno – al restauro degli altri sistemi difensivi che il Regno d’Italia aveva costruito a ridosso del confine asburgico. «Si tratta di aree facilmente accessibili. Con fotografie e pannelli esplicativi a disposizione delle scuole» ragiona il presidente degli alpini Turrini. Che il 3 novembre sarà presente, alle 10 del mattino, all’inaugurazione della galleria e delle trincee che verranno aperte al pubblico, al passo del Maniva (Collio). Un taglio del nastro a cento anni - meno un giorno - dalla fine del primo conflitto mondiale. Con quella linea difensiva, parte dello «Sbarramento delle Giudicarie», che resta lì, come monumento perenne.