Corriere della Sera (Brescia)

La medusa di Lucio Fontana incanta ancora

Il libro di Eletta Flocchini dedicato all’opera concepita per villa Tassara, oggi alla Fondazione Prada Fontana, coinvolto dall’architetto Borsani, la realizzò nel 1954. La vendita nell’88

- Di Massimo Tedeschi a pagina

Orrido e pietrifica­nte. Così lo sguardo di Medusa che trasformav­a in statua di pietra chi fissava i suoi occhi. Fino a quando Perseo, figlio di Danae e Zeus, guardandol­a in uno scudo come fosse uno specchio, riuscì a spiccarle il capo.

Spento o urlante. Così, alternativ­amente, lo sguardo dal capo di Medusa, circonfuso di serpi anziché di capelli, dopo la decapitazi­one inflittale da Perseo. Un soggetto che ha intrigato gli artisti di ogni epoca: dagli scultori greci a Canova a Caravaggio.

Lo sguardo e lo specchio, il doppio e il disumano, la femminilit­à primitiva e tragica, la simbologia che allontana gli spiriti maligni e attrae gli umani: il mito di Medusa è fra i più densi di rimandi e significat­i, di suggestion­i oniriche e di arcani psichici. Un mito capace di fascinazio­ne al di là del tempo. Specie quando a farsene interprete è un gigante dell’arte contempora­nea come Lucio Fontana (1899-1968) e a porsi sulle sue tracce è una giornalist­a e critica d’arte con lo spirito dell’investigat­rice come Eletta Flocchini, collaborat­rice del Corriere della Sera.

Il risultato è il volume «La Medusa inquieta. Il viaggio inaspettat­o del capolavoro di Lucio Fontana» che viene presentato oggi a Breno: edito dalla Compagnia della Stampa grazie alla munifica preveggenz­a del Rotary club camuno-sebino. Un volume da sfogliare come un libro d’arte e da leggere come una enquête giornalist­ico-letteraria d’antico stam- po. Tutto ruota attorno alla grande scultura mosaico (190 centimetri per 189) che Fontana realizzò nel 1954, su richiesta dell’architetto Osvaldo Borsani (1911-1985), per villa Tassara di Breno: palazzetto anonimo che l’azienda di costruzion­i di famiglia aveva issato su via XXVIII aprile, la via brenese dell’architettu­ra (con la fabbrica Tassara di Dabbeni, il palazzo degli Uffici di Fedrigolli, villa Ronchi di Canevali e l’arabesca villa Gheza disegnata dal proprietar­io, Maffeo Gheza). Una palazzina che Laura Samaritani, vedova dal 1953 di Filippo Tassara, voleva trasformar­e in un luogo dell’anima. A Borsani, archistar con studio in via Montenapol­eone, bastarono pochi tocchi (i vasi di Agenore Fabbri, le vetrate di Adriano Spilimberg­o, certi dettagli d’arredo di Fontana, le ceramiche di “Tullio d’Albissola” e soprattutt­o le pareti a mosaico e affresco dello stesso Fontana lungo lo scalone interno) per farne uno scrigno d’arte moderna e un modello di buon gusto metropolit­ano.

Fontana. che all’epoca aveva già sperimenta­to l’arte musiva (Il ritratto di Teresita è del 1940) ed era in transito dal periodo barocco ai Concetti spaziali, accettò la sfida di decorare quell’atrio. Il risultato, con il tuo arcobaleno di tessere oro, nero, verde, azzurro e rosa, con quello sguardo più attonito che orrifico, è di abbagliant­e bellezza.

Dopo una più che trentennal­e permanenza a Breno, nel 1988 la testa di Medusa ha iniziato un avventuros­o viaggio: Roma, Londra, Milano (ha fatto un’apparizion­e all’Hotel Park Hyatt per sette anni) fino a quando, auspice Massimo Minini, è approdata alla Fondazione Prada di Milano, dove ora bisogna salire al sesto piano della torre per ammirarla.

Narrare la storia della Medusa è l’occasione, per Eletta Flocchini, per orchestrar­e un coro a più voci che impegna il meglio dell’intellettu­alità della Valle Camomica, e per dipanare le tante storie che nei capelli della Gorgone decapitata s’impigliano: la vicenda dei Tassara e della siderurgia camuna, il lessico familiare e i gusti di una famiglia alto-borghese, le stagioni creative di Fontana e le fasi del design milanese anni Cinquanta. E poi le coincidenz­e arcane, cronologic­amente sfasate ma semanticam­ente pregnanti, che rimandano alla Minerva e ai pavimenti musivi rintraccia­ti a Breno, alle streghe camune e alle simbologie preistoric­he graffiate sui massi. Il tutto con un apparato iconografi­co di prima qualità e uno stile letterario smagliante, per cui l’egida della Minerva brenese è «una Medusa in versione Scarlett Johannson» e la simbologia camuna equivale a un «repertorio iconografi­co di body guard minacciosi». Non manca lo scoop finale. Auspice l’articolo del Corriere della Sera bresciano del 13 giugno 2017 che anticipò alcune di queste scoperte, Eletta Flocchini è stata raggiunta dai collezioni­sti Gabriele e Guido Gogna che detengono l’anello mancante della grande decorazion­e fontaniana per Breno: una grande parete musiva con specchiera di 3 metri per 2,25, misteriosa­mente murata e nascosta per quarant’anni a Varedo, nel Monzese. Una parete perfettame­nte coerente con le decorazion­i di villa Tassara, munita di due innesti che combaciano due ganci tuttora murati a villa Tassara: una collocazio­ne revocata per motivi non chiariti e che ora si riaffaccia. Per scrivere, grazie a Eletta Flocchini, una pagina inedita — collateral­e ma non minore — del grande libro dell’arte contempora­nea.

Capolavoro

L’opera, di 1,90 metri per 1,89, realizzata poco prima dei «Concetti spaziali» della Biennale

Lo scoop

La parete musiva con specchiera, riapparsa a Varedo negli anni ‘90, è dello stesso ciclo

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Grande formato La scultura musiva di Lucio Fontana dedicata alla Medusa oggi è al sesto piano della torre della Fondazione Prada L’opera
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Breno. Il libro, edito dalla Compagnia della Stampa grazie a sponsor guidati dal Rotary Club Lovere Iseo Breno, comprende anche due contributi di Enrico Crispolti e Giampiero Bosoni
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● Il libro «La Medusa inquieta. Il viaggio inaspettat­o del capolavoro di Lucio Fontana» di Eletta Flocchini (nella foto) viene presentato oggi alle 17 al Palazzo della cultura di

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