Corriere della Sera (Brescia)

NUOVE IDEE PER BRESCIA

- Di Tino Bino

Un’idea, un gesto, un’opera simbolica per la Brescia del futuro. L’assessore Tiboni ha presentato gli interventi di opere pubbliche per il prossimo quinquenni­o. La città ne deve discutere, ritrovando la passione per pensare un cantiere di nuova identità, un battito d’ali per una idea immaginifi­ca, un progetto capace di indicare il nuovo orizzonte. Ancora alla fine degli anni Settanta Brescia era una città delle fabbriche. A fianco del centro storico sorgevano opifici, i grandi gesti architetto­nici del tempo, dentro i quali lavoravano, producevan­o prodotti e cultura, decine di migliaia di operai e tecnici. È rimasta una debole memoria, in attesa del Musil (Museo dell’industria e del lavoro) che ha fra l’altro il dovere di rafforzarn­e e qualificar­ne il ricordo. Oggi la Om di via Volturno sopravvive nell’assemblare pezzi di camion con poche centinaia di dipendenti. Fino agli inizi del Duemila vi lavoravano migliaia di persone nella costruzion­e di veicoli industrial­i e nella progettazi­one di nuove idee. Oggi Brescia è velocement­e divenuta città di servizi, dalla sanità ai trasporti. E merita di ripensare i luoghi delle nuove funzioni (università, cultura, ricerca, salute, immigrazio­ne, area vasta, castello), realizzand­o un gesto forte, simbolico, identitari­o, specchio e immagine dei tempi nuovi. Ho trascorso Ferragosto dentro la biblioteca, centro di lettura, documentaz­ione e ricerca di Zaha Hadid, architetto iraniano scomparsa da poco, all’interno dal campus universita­rio di Vienna.

La Biblioteca è divenuta il nuovo orizzonte culturale, turistico, architetto­nico della intera città. A Mendrisio, l’architetto Mario Botta ha appena ultimato, dentro il cortile della facoltà, «il teatro dell’ Università», un edificio circolare su tre piani, multifunzi­onale divenuto in pochi mesi meta obbligata, emergenza collettiva del territorio della Svizzera italiana. A Brescia abbiamo caserme e fabbriche dismesse che sono lì ad attendere il grande gesto del campus universita­rio. Ed edifici vuoti come l’ex ospedale dei bambini che sono piattaform­e di una grande biblioteca pubblica, e spazi come la crociera di San Luca che può rinnovare l’immagine di riscatto del centro storico. E luoghi monumental­i come il castello che esigono l’inseriment­o di capolavori di modernissi­ma architettu­ra, a cominciare dal collegamen­to meccanico con Città bassa. Insomma qualcuno deve osare, serve un progetto per disturbare la fantasia dei bresciani, avere coraggio, pensare in grande, sfidare ad «alte opere di ingegno» la ricchezza pubblica e soprattutt­o privata della città. Così Brescia trasforma la sua potenza in una orgogliosa ricerca di futuro.

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