Corriere della Sera (Brescia)

Arriva il grande Det un mito dell’alpinismo e dell’etica di montagna

- Nino Dolfo

Una postura esistenzia­le e morale eretta quella di Giuseppe Alippi (classe 1934), alias il Det (un patronimic­o, ovvero figlio di Benedetto) lecchese, una leggenda dell’alpinismo non solo italiano. È stato ed è a tutt’oggi un montanaro, un contadino di montagna che ha ereditato ed esercitato l’attività rurale in quota di famiglia, ritagliand­osi per sé gli spazi ludici delle pareti verticali in cui l’effimero personale della conquista della vetta vale più di trofei, interessi economici e clamori mediatici. Questa sera (ore 21) al Nuovo Eden la Società di escursioni­sti bresciani Ugolino Ugolini gli dedica una serata, con il patrocinio del Comune, e lui sarà presente in sala. Il Det, con adamantina e coerente fierezza, è sempre stato fedele a se stesso e al suo credo di uomo libero nella terra dei suoi padri sopra Crebbio, in quel ramo del lago di Como, dove è nato: non ha ceduto alle lusinghe di una assunzione in fabbrica che ai suoi tempi era uno sbocco lineare (la Moto Guzzi di Mandello Lario apriva le braccia), non è mai fatto travolgere dai gigantismi delle spedizioni né dalla compulsivi­tà dei record di arrampicat­a né dai meccanismi competitiv­i che si alimentano di acerrime inimicizie, nè dai materiali tecnologic­i performant­i. Sempre a mani nude a tu per tu con la montagna, nel quotidiano come nello sport. Molte le sue imprese memorabili sul Bianco, sulle Cime di Lavaredo, sul Sasso Cavallo. Nel 2005, a 71 anni, è salito sul Cerro Campana in Patagonia. La sfortuna climatica lo ha fermato alla Sud del Lhotse nel 1975 e prima, nel 1962, avrebbe potuto scalare la Nordwand dell’Eiger, se non avesse desistito per prestare soccorso a due colleghi in difficoltà. L’etica della montagna è anche questa. Questa sera, con il Det, sarà presente al Nuovo Eden il cognato Benigno Balatti, accademico del Cai e compagno di cordata. Verranno proiettate due brevi clip girate dalla giornalist­a Paola Nessi della Rai e altre immagini montate da Walter Papa con i testi del bresciano Giovanni Capra (suo lo splendido volume, «Il grande Det» edito dal Corbaccio nel 2016).

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