Carboni, viaggio sul satellite dell’electro-pop
Carboni atterra con «Sputnik» stasera al Teatro Morato
L’eredità è già in tasca, quella della scuola bolognese, che ha ispirato maestri come Gianni Morandi e Lucio Dalla. Anche perché Luca Carboni vanta oltre 30 anni di luminosa carriera e può permettersi di scrivere altre pagine di musica senza dover dimostrare nulla a nessuno. Anzi, la recente virata artistica verso un pop cantautorale che lo ha un poco distaccato dallo stile classico vecchia maniera, ha raccolto un successo vero. Tutti vogliono bene a Luca, eterno sognatore malinconico, che abbraccia almeno due generazioni di fans, presenti anche in questo nuovo Sputnik Tour, che farà tappa stasera alle 21.30 al Gran Teatro Morato (biglietti da 23 a 40 euro). L’album Sputnik rappresenta l’evoluzione di un lavoro cominciato con il precedente Pop-Up. Per i suoni l’artista bolognese ha voluto una situazione molto elettronica simile all’ultimo cd, accompagnato da momenti più acustici o più elettrici, confrontandosi in fase di scrittura con artisti emergenti, come Calcutta. Chiediamo a Carboni come procede il tour nei teatri e club italiani. «In un primo momento Brescia e Parma dovevano essere le ultime tappe, poi, visto l’entusiasmo del pubblico che ha riempito i teatri, ci siamo rimboccati le maniche per aggiungere altre località».
Come sono strutturati i concerti?
«Con il team abbiamo lavorato a una grande produzione anche per quanto riguarda l’aspetto visivo, partendo proprio dalla copertina Sputnik. A livello di immagini ci sarà un vero e proprio racconto che parte dagli anni ‘50 per arrivare ad oggi, attraverso momenti importanti della mia storia personale e degli eventi della società. Nella scaletta non mancheranno momenti acustici che permetteranno di presentare dal vivo il nuovo lavoro e di spaziare dai singoli del passato a quelli di oggi, comprese le hit dagli ultimi dischi come Pop-Up».
Titolo originale, impreziosito da disegni creati da lei.
«Sputnik è il satellite che i sovietici mandarono in orbita nel 1957 battendo sul tempo gli americani, anche se vedo stretti collegamenti con i giorni nostri. Amo dipingere e creare immagini, così con i grafici abbiamo eseguito un lavoro un poco naif».
Lei è riuscito a conservare uno stile sempre molto coerente e apprezzato dagli ex adolescenti che ascoltavano Farfallina e che ora da adulti stempiati alzano il volume con Luca è lo stesso è una regola. Rappresenta uno stile fedele che tuttavia segue sfumature di contemporaneità. Condivide?
«Aggiungo che ogni momento storico, fin dagli esordi, è condizionato da umori, ispirazioni, contesti del momento. Però quando scrivo c’è sempre il bambino dentro di me che non mi lascia mai solo, che mi permette di aggiungere profondità e dolcezza anche nei pezzi di ultima estrazione. Ogni canzone è come una partita di calcio, va preparata in modo differente: ha una sua storia personale».
Raccoglie quanto seminato (e continua a seminare) da circa 35 anni.
«Erano tempi diversi quelli delle musicassette e dei cd, anche se alla fine i valori veri non cambiano. Magari parliamo di contesti storici differenti, di tecnologie e di modi che usiamo nel produrre e ascoltare musica. Eppure non potrei chiedere di meglio a una vita che continua a regalarmi sorprese meravigliose».
Introspettivo Quando scrivo c’è sempre il bimbo dentro di me che non mi lascia mai solo e mi permette di aggiungere profondità ai pezzi più recenti