Corriere della Sera (Brescia)

Export, tesoretto delle piccole imprese Ma una su quattro non trova addetti

Il 58% di chi lavora con l’estero ha aumentato il fatturato. Giovani titolati e flessibili: selezioni a vuoto

- Di Sara Bettoni

A caccia di giovani ricchi di competenze, che però si fatica a trovare. Più performant­i e disposte a commerciar­e con mercati lontani. Sono le caratteris­tiche delle aziende dedite all’export, secondo l’ultima ricerca condotta dall’Osservator­io di Confartigi­anato Lombardia sulle micro e piccole imprese (mpi) di Milano e Monza-Brianza. Qualche numero per vederci chiaro. Il 58 per cento degli imprendito­ri che commercia con l’estero nel 2017 ha visto aumentare il proprio fatturato rispetto all’anno prima. Tre su dieci registrano una crescita del cinque per cento o anche superiore. Di contro, solo il 46 per cento di chi non esporta ha registrato il segno più. Importanti le relazioni con altre realtà, la tendenza all’innovazion­e (presente nell’88 per cento delle mpi che esportano contro il 69 di quelle che non lo fanno) e la digitalizz­azione (95 rispetto al 79 per cento).

Focus sui mercati, per capire dove vengono portati i prodotti made in Lombardia. Dal 2008 a oggi è cresciuto il peso dei Paesi al di fuori dell’Unione europea: si passa dal 41 al 44 per cento. Per Milano i valori sono più alti: negli ultimi dodici mesi si tocca il 61,7 per cento. Cambiano anche le rotte, con una scalata dell’Est rispetto alla perdita di importanza di alcuni Stati europei. Dal 2007 al 2017 Corea del Sud, Giappone, Hong Kong, Ungheria e Cina guadagnano posizioni nella classifica dei mercati più gettonati. Stabili Germania (punto di riferiment­o per le imprese manifattur­iere della Brianza), Francia, Paesi Bassi, mentre perdono quota il Regno Unito, l’Austria, la Spagna. Secondo l’indagine, il primo semestre 2018 mantiene il segno più per le esportazio­ni, ma a ritmi meno sostenuti rispetto allo stesso periodo del 2017.

Dall’estero si richiedono soprattutt­o macchinari, prodotti chimici, metallurgi­ci e in metallo. Questi ultimi in particolar­e sono il frutto del lavoro delle micro e piccole imprese, forti anche nella produzione di articoli d’abbigliame­nto, in pelle, alimentari e ovviamente mobili. Design e moda, insomma.

Per mantenere le relazioni con altri Stati e per stare al passo con la domanda, artigiani e imprendito­ri hanno bisogno di personale specializz­ato. E qui sta il problema. Il 72,5 per cento delle aziende esportatri­ci prevede di assumere nuove figure, contro il 57 per cento delle non esportatri­ci. Ma in un caso su quattro delle assunzioni si fatica a trovare il candidato ideale. Per il 37 per cento dei posti disponibil­i le mpi sono più propense a reclutare giovani, rispetto a chi non commercia fuori dai confini nazionali (34 per cento). In otto casi su dieci gli imprendito­ri ritengono che i lavoratori disponibil­i sul mercato necessitin­o di ulteriore formazione. Alle reclute si chiedono flessibili­tà, capacità di adattament­o, competenze digitali e comunicati­ve.

«Le imprese esportatri­ci rappresent­ano un segmento dinamico del sistema produttivo — spiega Giovanni Barzaghi, presidente di Apa Confartigi­anato Milano e Monza Brianza —, ma ci segnalano difficoltà nel trovare figure qualificat­e. La formazione è quindi il fattore decisivo per aumentare l’export». Da qui il progetto «Open Export», in corso in questi mesi, per portare esperti a «fare lezione» direttamen­te nelle aziende.

Reclutamen­to

Il 72,5% degli esportator­i assume, contro il 57% di chi opera solo in Italia

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