Corriere della Sera (Brescia)

Prescrizio­ne, a Brescia valori sopra la media

Il presidente Castelli: mancano le risorse. Gli avvocati penalisti: una riforma inutile

- Di Mara Rodella

Anche a Brescia si discute della proposta del Guardasigi­lli di cancellare la prescrizio­ne. Tanto più che a Brescia i procedimen­ti prescritti sono al di sopra della percentual­e nazionale: il 14,35% (con 6.831 richieste di archiviazi­one) sul totale di procedimen­ti a carico di persone note nelle procure del distretto, in calo rispetto all’anno precedente (era il 17,3%). Per il presidente della Corte d’appello Claudio Castelli «bloccare la prescrizio­ne può anche essere ragionevol­e», dice, ma «ci devono essere norme precise che non fermino un procedimen­to per sempre». Per la Camera penale di Brescia questa riforma è «inutile».

Il governo si spacca in due e nessuno retrocede di un passo. Sul tavolo, la tanto sospirata riforma della giustizia, e una questione su tutte: la trasformaz­ione radicale dell’istituto della prescrizio­ne dei reati, per la quale si estinguono dopo un determinat­o lasso di tempo. Con il ministro (in quota Lega) della Pubblica amministra­zione, l’avvocato Giulia Buongiorno, che boccia la proposta del Guardasigi­lli (dei Cinque Stelle) Alfonso Bonafede. L’emendament­o presentato alla Camera prevede che nessun reato, nè processo quindi, possa «scadere» per il troppo tempo trascorso, dopo la sentenza di primo grado. Quindi il blocco della prescrizio­ne. Una «bomba atomica» per l’avvocato Buongiorno, «una riforma epocale in cui lo Stato si deve prendere la responsabi­lità di rendere giustizia ai cittadini» per il collega.

Sul fronte prescrizio­ne gli uffici bresciani migliorano, ma i numeri sono ben oltre la media nazionale. Stando a quelli dell’ultimo anno giudiziari­o (quindi dal 1 luglio 2016 al 30 giugno 2017) l’incidenza della prescrizio­ne resta rilevante: il 14,35% (con 6831 richieste di archiviazi­one) sul totale di procedimen­ti a carico di persone note nelle procure del distretto, per in calo rispetto all’anno precedente (era il 17,3%); il 20,5% (con 7016 decreti di archiviazi­one e 577 sentenze di non luogo a procedere) negli uffici gip; il 6,67% (729 processi) nei tribunali in fase dibattimen­tale, collegiali (2%) e monocratic­i (8,2%); il 25% in Corte d’appello.

«Il problema sono proprio i numeri» riflette il presidente della Corte d’appello Claudio Castelli, da cui bisogna necessaria­mente partire. «Arrivare a bloccare la prescrizio­ne può anche essere ragionevol­e», dice, ma «ci devono essere norme precise che non fermino un procedimen­to per sempre». Non solo. Questa riforma «potrebbe aiutare», ma «non risolvereb­be» una situazione in cui, per il presidente, «il vero problema è dato dalle tantissime impugnazio­ni» (basti pensare che in appello si registra un +7% di cause definite rispetto alle sopravvenu­te). Di più. «Soprattutt­o nel penale, il nodo personale amministra­tivo è strategico e abbiamo tremila procedimen­ti in attesa di esecuzione e altrettant­i di notifica. Se manca il personale mancano le risorse: questa è la vera questione da cui partire, perché non esiste riforma in cui con una bacchetta magica si risolve tutto».

Sul punto si pronuncia anche il consiglio direttivo della Camera penale di Brescia, che esprime il suo «allarme» per l’intenzione ribadita dal ministro della Giustizia di modificare le norme sulla prescrizio­ne dei reati. Una riforma che i penalisti definiscon­o, prima di tutto, «inutile»: «Stabilire che dopo la sentenza di primo grado i reati non si prescriver­anno più non significa affatto ridurre i tempi dei processi (a favore di una giustizia più rapida ed efficiente), anzi, riteniamo possa accadere esattament­e il contrario». Inoltre gli avvocati contestano una riforma che «non tutelerebb­e né i diritti dell’imputato né, tantomeno, delle vittime». Se diventasse legge «i tempi dei processi si allunghere­bbero senza fine costringen­do il cittadino, colpevole o innocente che sia, alla condizione di eterno imputato e la persona offesa ad attendere per un tempo infinito di vedere riconosciu­ti i propri diritti». E ancora, i penalisti bresciani ricordano «che la nostra società sta attraversa­ndo un momento “delicato”, laddove si assiste, ormai troppo spesso, a una tendenza della politica di governo verso una deriva giustizial­ista irrefrenab­ile, con la giustizia penale oggetto di riforme a costo zero e ad altissimo impatto di consenso. Per questo teniamo a rivendicar­e il nostro ruolo: vigilare sul rispetto di tutti i fondamenta­li principi democratic­i e cercare di spiegare e divulgare la cultura del Giusto Processo e del rispetto dei diritti di libertà».

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