Corriere della Sera (Brescia)

Timoria, viaggio senza vento (e senza tempo)

Timoria, 25 anni dopo i ricordi (e la ristampa) di «Viaggio senza vento»

- di A. Carboni

Un’eredità per il rock italiano e per tante band che nel solco dei Timoria sono cresciute, hanno scritto, composto, arrangiato. «Il primo disco d’oro di una band indie in Italia dopo il periodo della new wave, un disco con le palle, sì, perché voluto fino in fondo: se fosse andata male saremmo stati pronti a tornare a lavorare in fabbrica«. È una riga del diario di un viaggio speciale, quel Viaggio senza vento che 25 anni fa lanciò cinque ragazzi bresciani — Omar Pedrini, Francesco Renga, Carloalber­to Pellegrini, Enrico Ghedi e Diego Galeri — in un volo splendido. Un racconto celebrato con una versione rimasteriz­zata, arricchita da inediti e versioni demo, del concept album pubblicato nell’ottobre del 1993 dopo tre mesi folli in studio, presentata oggi alle 18 alla Feltrinell­i di corso Zanardelli da Pedrini e Ghedi.

Omar, che cos’è stato per voi quell’album?

«Stavo attraversa­ndo un momento di crisi esistenzia­le, i Timoria avevano appena fatto Sanremo, il suono del precedente Storie per vivere non ci aveva soddisfatt­o. Era il periodo di Seattle e del grunge. Viaggio senza vento è uscito da qui. Parla della trasformaz­ione di una persona, di un perdente che diventa guerriero, una metafora che può coinvolger­e chiunque».

Dal punto di vista delle influenze?

«Ha saputo conciliare il prog rock della Pfm, del Banco del Mutuo Soccorso, dei Gentle Giant e dei King Crimson, con la passione per la musica inglese e il grunge. Per molti siamo stati pionieri di quel decennio che va dai Timoria ai Verdena e comprende Afterhours e Marlene Kuntz. Siamo stati il primo vagito rock di un grande produttore, Gianni Maroccolo».

Com’era Brescia in quegli anni?

«Sonnecchio­sa. C’erano pochi locali dove poter suonare, molti posti jazz. Poi è arrivato il Donne e Motori. Il nostro primo concerto fu all’Impronta, a Fiumicello. In quegli anni sembrava che per fare successo dovevi per forza venire da Milano, Roma, Firenze. Noi venivamo da una città di provincia e abbiamo scardinato questo principio. Credo che Viaggio Senza Vento abbia dato fiducia a tutta la scena bresciana e non solo».

Cosa avevate nel bagaglio quando siete partiti per il vostro Viaggio senza vento?

«Avevamo tanta energia, la testardagg­ine dei veri bresciani. Ho ben stampata in testa la frase del maestro Ghedi: “Quantomeno, anche se torneremo a lavorare in fabbrica, avremo fatto un disco con le palle!”. Nel bagaglio avevamo anche i libri di Hesse, di Castaneda. E la nostra terra, cantata in Lombardia, storia di un uomo costretto ad abbandonar­e casa sua, impreziosi­ta dal violino di un grande bresciano, Mauro Pagani, e dalla fisarmonic­a di Giuliano Ghedi».

C’è qualcosa che cambierest­i oggi nel disco?

«Aggiungere qualcosa vorrebbe dire renderlo ridondante, togliere sarebbe uno sfregio. Il disco è in equilibrio perfetto. C’era un orpello nei chilometri di nastri che ho sbobinato per questa riedizione: Angel, abbozzo che finimmo nel ‘94 poco dopo la morte di Cobain, un gioiello che abbiamo inserito nel remaster e che sta piacendo molto».

Pedrini

L’album, arrivato dopo un periodo buio, parla di un perdente che diventa guerriero: abbiamo dato fiducia alla scena bresciana

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy