Sarà intitolato a Renato Borsoni il teatro Ideal
Cinque anni di cantiere. Porterà il nome del teatrante trasversale
La facoltà di nominare le cose, come aveva già intuito Walter Benjamin, consente di dare un volto e un significato a un luogo, di riconoscerlo e di parlarne, eleggendolo a depositario di sapienze, culture, tradizioni, storie collettive e individuali. Il prossimo teatro a venire, fino a ieri noto come Nuovo Ideal, ricavato dall’ex fabbrica Ideal Clima, composto di una sala per la prosa e la musica (360 posti) e una di teatro per bambini e famiglie (200 posti) e concepito come cuore pulsante del progetto di rigenerazione urbana che cambierà il volto di via Milano, porterà il nome di Renato Borsoni. Una scelta doverosa da parte della giunta comunale, un ringraziamento concreto che si fa memoria solida. Dopo il Santa Chiara dedicato a Mina Mezzadri, il nuovo teatro – cinque anni per la realizzazione – sarà intitolato ad un altro dei grandi protagonisti della storia del teatro bresciano. E che questo teatro abbia sede in una periferia oggi sofferente, ma additata come prossimo laboratorio sociale, nonché come dimora assegnata a realtà cittadine (Ctb, Teatro Telaio, Teatro19) operanti sul territorio, a Renato sarebbe piaciuto.
Intellettuale disorganico e demiurgico, teatrante trasversale e a tutto tondo, Borsoni è stato un uomo di inesausta creatività, un cantiere aperto delle idee. Marchigiano di nascita, classe 1926, la fanciullezza trascorsa tra Cupramontana e Jesi, la sua cittadella umanistica e vivibile con lentezza, con i suoi Lari (Pergolesi e la Moriconi), con il suo piccolo museo, dove c’è quella Madonna del Lotto, che ha un volto contadino e non sembra del tutto persuasa a privarsi del figlio, seppur destinato a grandi cose. Nell’immediato dopoguerra si trasferisce nel Bresciano al seguito del padre, un direttore didattico. Si iscrive al Politecnico di Milano e successivamente inizia il suo lavoro di grafico, che costituisce la sua prima professione, firmando alcune campagne pubblicitarie molto significative. Alcuni dei suoi lavori sono parte di collezioni esposte in gallerie d’arte contemporanea, quali Punta della Dogana a Venezia e il Moma di New York. Grafica e teatro si alternano nella sua vita. Nel 1952 partecipa alla nascita del Piccolo Teatro della Città di Brescia, prima cooperativa italiana nel settore. Nel 1961 è uno dei sette fondatori del gruppo teatrale della Compagnia della Loggetta, che diventerà una palestra di talenti e sperimentazioni, contribuendo a svecchiare gli orizzonti della nostra provincia e ospitando i grandi nomi del palcoscenico internazionale come Robert Wilson, il Living Theatre, Carmelo Bene... Nel 1975 pilota la metamorfosi della Loggetta in Centro teatrale bresciano, uno dei teatri stabili nazionali, il secondo in Lombardia dopo il Piccolo di Milano. Da direttore artistico, fino al 1988, è artefice di quella stagione aurea del Ctb incarnata da Massimo Castri con le sue regie di respiro nuovo ed europeo (Pirandello e Kleist). Nel 1989 è consulente del Teatro Stabile di Palermo (Teatro Biondo) e dai primi anni ‘90 fino al 2000 lavora alla costruzione del nuovo Teatro Stabile della Regione Toscana con sede al Metastasio di Prato, del quale è prima condirettore con Massimo Castri, poi direttore unico. In tutto l’arco degli anni ‘90 lavora a una serie di grandi spettacoli che sono restati nella storia del teatro contemporaneo: Ifigenia in Aulide di Euripide, Fede speranza carità di Horvath, Orgia di Pasolini, Gli innamorati di Goldoni. Da ricordare tra le sue battaglie, l’agognato recupero del Teatro romano con le sue Ermengarde estive tra antico decumano e la città settecentesca, la sua presenza militante (presidente e consigliere di amministrazione) prima nella deputazione della Società del Teatro Grande e poi nell’omonima Fondazione, dando un apporto decisivo alla seconda giovinezza del nostro Massimo (il sovrintendente Umberto Angelini lo può testimoniare), i suoi libri, la sua passione politica di testa e mai di pancia per il bene comune: pochi lo ricordano, suo il progetto grafico de L’AltraBrescia, un mensile che fece epoca.
Oltre che eredità di affetti, Renato Borsoni ha lasciato una lezione per tutti.