Budget e pretese da divo si spegne l’idea Greenway Al suo posto l’installazione del bresciano Uberti
Visionario, anarchico e capace di trasgressioni sublimi, il veneratissimo semi-dio del cinema che ha profanato Cenacoli e Nozze di Cana avrebbe potuto illuminare d’immenso il Castello con la sua poetica fluida e hi-tech. L’idea, però, si è spenta come una lampadina scarica.
Il regista-pittore Peter Greenaway era stato indotto in tentazione per accendere CidneOn con il suo tocco d’autore: sarebbe stato il nome di culto dell’edizione 2019, ma la trattativa, riservatissima, è fallita pochi giorni fa.
La causa: pretese da divo (avrebbe voluto essere l’unico e solo artista del festival) e un cachet costosissimo, faraonico, insostenibile. La notizia del suo sopralluogo tra relitti e torri medievali del Castello, alla ricerca di un’ispirazione per la manifestazione, era stata diffusa quest’estate attraverso sussurri e grida: l’idea — suggerita dall’ex presidente di Brescia Musei Massimo Minini e subito condivisa da Robbert Ten Catten, coordinatore della rassegna luminosa — era di chiedergli un’installazione per l’edizione di febbraio o, nel caso non fosse stato possibile, per quella del 2020. Ma le lusinghe si sono interrotte non appena si è iniziato a discutere del cachet: cifre inaccettabili.
Alla conferenza stampa di ieri, gli Amici del Cidneo hanno promesso che, anche senza il segno sublime di Greenaway, al festival brilleranno i talenti del light design. Incluso un artista che Tiziano Butturini, il demiurgo di Up!, la società che gestisce la manifestazione, ha definito «internazionale» (cit) e capace di non scatenare isterie per l’assenza del costosissimo regista gallese: il bresciano Massimo Uberti. È soprattutto il suo il nome su cui ha puntato la manifestazione per provocare le solite code all’ingresso del Castello: un genio del neon che lavora per sottrazione, arrivando all’essenza della materia e valicando le categorie di esterno e interno, pieno e vuoto. Il suo curriculum in qualche riga: 52 anni, un diploma a Brera, all’inizio degli anni Novanta è entrato nell’alcova creativa e autogestita degli artisti di via Lazzaro Palazzi a Milano. Tra vernici, installazioni site specific e recensioni internazionali, non mancano riconoscimenti in Italia e all’estero. Un esempio a caso: il premio Piazza dei Mercanti per la Camera di Commercio di Milano (nel 2007). Nel 2008, con l’opera Tendente Infinito, ha lasciato una scia luminosa nella collettiva Dreams of the possible city, allestita alla fondazione Stelline di Milano. Nel 2012 ha vinto la seconda edizione del concorso internazionale Artist’s book Nopx di Torino, e l’anno dopo è stato invitato dalla Commissione europea a prendere parte al New narrative for Europe organizzato a Milano e a Berlino. Tra i suoi progetti speciali: Today I love You, creato per l’Amsterdam Light Festival (era l’edizione del 2015); Light, al Miami-Basel Design del 2014 per Bentley elements; Altro spazio, opera site specific fatta su misura per il Museo Pecci di Milano. Uberti è stato anche docente di Pittura e arti visive all’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia e ha tenuto un corso al Macro — Museo d’Arte Contemporanea di Roma.
Oltre all’elenco dei capolavori e a foto varie, sul suo sito (massimouberti.it) c’è anche una suggestione della sua arte: «Al centro di un percorso di sottrazione e grazie alla rinuncia all’ingombro la presenza luminosa arriva a farsi materia prima — fino a essere l’opera stessa» (testuale). Come i colleghi che accenderanno CidneOn tra qualche mese, anche lui si ispirerà al tema della manifestazione: le icone italiane «tra miti e meraviglie». Altri dettagli sul suo lavoro nella fortezza: zero. Diventerà tutto più chiaro e luminoso tra qualche settimana, quando la data della vernice (l’8 febbraio) sarà più vicina.