Rimborsi chilometrici «L’Asl pagava nell’interesse dei malati»
Al termine di una complicatissima udienza preliminare sulla presunta truffa alla Regione in relazione ai rimborsi chilometrici dovuti al trasporto di pazienti dializzati, tutti furono prosciolti dall’accusa di peculato dal gup Cesare Bonamartini, «perché il fatto non sussiste»: quattro vertici di Ats (all’epoca dei fatti Asl) — per loro era peraltro l’unica contestazione — e diciotto rappresentanti legali di altrettanti enti di volontariato che organizzavano i trasferimenti. In sintesi, stando alla nota della Guardia di finanza, emerge che l’Asl, in virtù di convenzioni «difformi» dalla disciplina regionale, avrebbe rimborsato costi superiori a quelli che avrebbe dovuto sostenere, con particolare riferimento al computo del tragitto compreso tra la sede dell’associazione e la dimora del paziente, e al doppio viaggio di andata e ritorno. Si ipotizza inoltre una responsabilità omissiva, che deriverebbe dalla mancata adozione «del provvedimento in autotutela delle convenzioni già in essere e dal carattere approssimativo del controllo svolto dagli impiegati addetti alle pratiche». Ma nel caso in esame, scrive il giudice, «è pacifico che le erogazioni di denaro da parte dell’Asl siano avvenute al fine di garantire lo svolgimento di servizi di trasporto di nefropatici per i trattamenti di dialisi». Pertanto, si parla «si versa in ipotesi di erogazioni di somme funzionali alla realizzazione di interessi pubblici obiettivamente esistenti e si collocano , eventualmente, al fuori dell’impegno di spesa consentito all’Asl» in cui prestavano servizio il direttore generale Carmelo Scarcella, i due direttori amministrativi Pietro Luigi Colombi e Pier Mario Azzoni, e quello sanitario Francesco Vassallo. Ne consegue quindi «che il delitto di peculato contestato deve ritenersi insussistente», anche nei confronti dei presunti concorrenti esterni nel reato. E nemmeno, per il giudice, si può considerare la diversa qualificazione giuridica in abuso d’ufficio. Perché «come dedotto dalle difese, la disciplina relativa ai trasporti dei pazienti presentava profili di incertezza circa i limiti del rimborso alle associazioni che effettuavano questo servizio, consentendo di ipotizzarne uno doppio, comprensivo anche del tragitto dalla sede dell’ente convenzionato». Quindi: la disposizione, «mai abrogata», «attribuisce all’Asl competente un margine di discrezionalità nella determinazione delle convenzioni in cui è possibile prevederlo». «Dirimente», in ogni caso, la delibera della giunta regionale che solo nel 2015 stabilisce alcune limitazioni rispetto alla disciplina precedente.