Fabris inaugura la serie di incontri 2018-19 Relazioni pericolose
Ha qualcosa di paradossale lo stato dei legami sociali oggi. Se in forza dei nuovi media e dei social tutti sembrano essere in relazione con tutti, il risultato è esattamente l’opposto: non il costituirsi di nuove comunità solidali ma il proliferare di individui irrelati e di clan tribali, potenzialmente in lotta tra di loro. Un mondo dove non essendovi più qualcosa di universalmente condiviso — un ethos, come insieme di tradizioni — v’è quanto mai bisogno di norme etiche che cerchino di ricostruire qualcosa di comune grazie al quale orientarsi evitando conflitti
Soggetto Individualismo e desiderio di legami è il titolo del ciclo che prende il via domani
distruttivi. È questo lo sfondo sul quale si muove la ricerca di Adriano Fabris, ordinario di filosofia morale a Pisa, il quale da anni sta approfondendo la possibilità di giustificare un’etica che abbia alla sua base proprio il concetto che più fa questione, quello di relazione.
Un compito al quale Fabris è giunto dopo rigorosi studi di filosofia della religione (a lui si deve uno dei più innovativi manuali sul tema) e di etica della comunicazione. Discipline che hanno ad oggetto proprio il tema della relazione: cos’è la religione, nella sua essenza, se non «religare»: unire insieme, legare? Un compito che le religioni hanno sempre più difficoltà ad adempiere. E la comunicazione, monopolizzata dai media, non mette capo a quel che dovrebbe conseguire: lungi dal porre in dialogo i soggetti, li isola. Di qui la centralità per la filosofia — che non voglia tradire il suo essere «il proprio tempo appreso nel pensiero» — del tema della relazione.
Tema che Fabris accosta nell’orizzonte della filosofia morale, ove egli si pone le domande: la strategia classica di ricerca di un fondamento unico e ultimo dell’etica riesce davvero nel suo intento, o dobbiamo riconoscere che proprio i classici della tradizione morale ci invitano a cercare nuove vie? Domande alle quali Fabris — in due libri «TeorEtica. Filosofia della re- lazione» e «RelAzione. Una filosofia performativa» (Marcelliana) — risponde con rigore facendo appunto della relazione il fondamento paradossale della riflessione etica. Un fondamento che fin da subito non è monista, perché mette di fronte almeno due persone, e va al di là della contrapposizione tra teoria e prassi perché stare in relazione significa parlare e agire con qualcuno. Una filosofia pluralista e performativa — dire in morale significa agire — che non si nasconde i problemi irrisolti: come il pluralismo dei valori può non sfociare in guerra dei valori?
Le nuove tecnologie, dove l’aspetto performativo delle parole raggiunge il proprio apice, possono incorporare imperativi etici? Con pagine profonde su come, pensando l’essere umano in quanto da sempre in relazione, il fattore tempo assuma volti inaspettati: invecchiare è anche l’arricchirsi delle relazioni costruite nel tempo. Il tempo, lungi dal consumare nel proprio scorrere, costruisce mondi.
La filosofia della relazione di Fabris è un invito a pensare il presente nella sua aporeticità e drammaticità, ma anche nelle sue possibilità: l’umano può essere salvaguardato in modi e tempi inattesi. Quando la relazione costruisce fini condivisi, e non riduce a mezzi i soggetti coinvolti. Una filosofia che dà a pensare.
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Religione
La religione, nella sua essenza, altro non è se non «religare», unire insieme, legare
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Fattore tempo Invecchiare significa anche arricchirsi delle relazioni costruite nel tempo