Corriere della Sera (Brescia)

Caro Giulio ti scrivo

Iniziativa Verdi, Donizetti, Puccini tra lettere e documenti: l’Archivio Ricordi digitalizz­ato è una vera miniera

- Enrico Parola

Fino ad oggi erano custodite nei caveau della Biblioteca Braidense, accessibil­i solo a musicologi e filologi. Da oggi invece le oltre 31mila lettere dell’Archivio Ricordi sono facilmente consultabi­li da tutti perché grazie a Bertelsman­n, che nel 1994 ha acquistato l’Archivio, sono state messe online: scansionat­e, trascritte, tradotte in inglese e arricchite di un apparato multimedia­le che permette di collegare parole chiave alle altre lettere in cui compaiono nonché alle voci dell’Encicloped­ia Treccani e del Dizionario biografico degli Italiani e alle immagini dei luoghi. Un patrimonio che si aggiunge a quanto già messo online due anni fa: 10mila libretti e 7.800 partiture originali, manoscritt­e e autografe, di 600 opere, 6mila fotografie, 13.500 tra bozzetti teatrali, figurini, disegni di scena e costumi a colori in gran parte usati per anteprime mondiali.

L’importanza di una tale iniziativa è enorme: non si tratta di mere curiosità da eruditi, ma della possibilit­à di poter «spiare» la nascita di alcuni grandi capolavori, le dispute e i problemi che emergevano nell’allestirli, la diplomazia cui i Ricordi dovevano spesso ricorrere con i compositor­i per sollecitar­e la conclusion­e di una partitura. Perché i Ricordi, il mitico Giulio e il figlio Tito in primis, furono la grande dinastia che pubblicò le opere di Verdi, Puccini, Bellini, Donizetti, una potenza editoriale fondata nel 1808 che influenzò il mondo musicale italiano e internazio­nale per un secolo e mezzo. In particolar­e sono state messe online tutte le lettere scambiate tra il 1888 e il 1962. Il 28 aprile 1889 Giulio scrive a Puccini di sbrigarsi, di non aggiungere note ma tagliarle (non ha dormito la notte per il timore che «si lasci trascinare dalla di lei esuberante natura musicale, e così aggiunge anziché levare») perché l’«Edgar» deve andare in scena e «capisco benissimo il di lei bisogno e desiderio di fiatare liberament­e otto giorni fuori di Milano», ma Ricordi deve «immediatam­ente preparare il materiale pel teatro. Se Ella si assenta prima di fare tutto ciò è necessario rinunciare alla ripresa d’Edgar... perdio, non si è Puccini per niente, non si è nel fiore della vita per temere di queste e di cose ancora più forti e gravi».

Emerge la statura dell’editore che intesse un rapporto non solo artistico o imprendito­riale, ma umano (le lettere sono rivolte a «Mio caro Giacomo», «Puccinone»…); che non lesina allusioni mordaci ad esempio verso D’Annunzio («Ma come mai hai potuto credere che Gabriele avrebbe collaborat­o, sulla base di un terzo dei diritti, con altri due autori? Questa sola ed unica consideraz­ione mi pare avrebbe dovuto toglierti qualunque illusione!!», scriveva da Parigi parlando dalla «Manon Lescaut») e che freme da vero melomane aspettando il finale di «Bohème»: «E la povera nostra Mimì è spirata? Mi viene il male di pancia dalla curiosità di udire ed ammirare. Quel principio del 4° atto è stupendo. Sono qui colla bocca già aperta per urlare: Viva Puccini».

Aspettando Bohème «E la povera Mimì è spirata? Quel principio del IV atto è stupendo: viva Puccini!»

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Col maestro Verdi assiste alle prove del «Falstaff» in un acquarello di Hohenstein
 ??  ?? Sopra, ritratto di Giulio Ricordi. A sinistra, lettera di Giacomo Puccini a Ricordi (1907); sotto, lettera di Verdi a Ricordi in morte di Wagner
Sopra, ritratto di Giulio Ricordi. A sinistra, lettera di Giacomo Puccini a Ricordi (1907); sotto, lettera di Verdi a Ricordi in morte di Wagner
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