Droga e armi Altri 22 arresti Nei guai i Sallaku
Nei guai anche il presidente del Darfo e i suoi fratelli
L’inchiesta condotta dalla Dda per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga in Valcamonica è durata un anno e si è chiusa con altri 22 arresti in differita. Nei guai anche Gezim Sallaku, presidente del Darfo calcio, e i suoi fratelli: nella villa di Sale Marasino sequestrate tre pistole detenute illegalmente.
Un’intuizione, il maxi sequestro, un anno di indagini. E quel «reticolo» — non a caso così si chiama l’operazione — che tra fornitori albanesi, intermediari e destinatari italiani dei «carichi» che gli inquirenti sono riusciti a sbrigliare, così da «assestare un duro colpo a un’organizzazione criminale dedita al traffico di droga, che spadroneggiava sul Sebino», dice il procuratore reggente, Carlo Nocerino. Droga che arrivava da Bergamo, Milano e Parma — «stroncati di canali di approvvigionamento» chiarisce il comandante provinciale dell’Arma, colonnello Luciano Magrini — per essere smistata in Valcamonica.
L’epilogo dell’inchiesta condotta dai militari di Darfo e Clusone che nelle scorse settimane ha registrato l’arresto di nove persone in Valcamonica e i sigilli a una vera e propria raffineria di eroina a Osio Sotto (Bergamo) dice di altri 22 decreti di arresto ritardato emessi nei confronti di altri sette sodali (quattro italiani — di Artogne, Esine, Pisogne, Ranzanico e tre albanesi) per traffico, produzione e spaccio di droga. Nel maxi blitz condotto nelle ultime ore da un centinaio di carabinieri nei guai, e in cella per detenzione illecita di armi da fuoco sono finiti anche il presidente del Darfo Gezim Sallaku, 43 anni, e i suoi fratelli Isuf e Gazmir. Saimir era già finito in manette il 13 ottobre a Pian Camuno (a pochi metri da uno dei suoi capannoni fu intercettato scambiare un chilo di cocaina con due fornitori) per il traffico di droga: stessa contestazione — associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico — per il quinto fratello, Taulant. Nella loro villa di Sale Marasino, dotata dei più sofisticati sistemi di videosorveglianza, gli investigatori hanno recuperato tre pistole non registrate (una Bernardelli 7.65, una Tokarev 7.62 e una Mauser 7.65 che saranno analizzate dal Ris) una con il colpo in canna e 240 munizioni: erano dentro una valigetta nascosta nell’intercapedine ricavata tra lavanderia e garage.
A innescare le indagini — coordinati dal sostituto procuratore Paolo Savio, della Dda — «l’intuizione» di un carabiniere. A cui nell’ottobre di un anno fa non sfuggì una conversazione: «Hey, ma quell’erba l’hai portata via tu dalla cantina?». A parlare, due ragazzi italiani (si scoprirà essere intermediari del traffico) che il 12 novembre 2017 in un appartamento di Darfo furono sorpresi con 299 stecche di hashish e tre sacchi neri pieni di marijuana. Sui loro telefonini, una serie di numeri collegati a utenze olandesi. In febbraio scattarono le intercettazioni: in realtà, quelle sim, altro non erano che in uso a «noti trafficanti italiani», tra cui un ex ergastolano condannato per un omicidio in provincia di Bergamo. Da lì, si è risaliti ai fornitori albanesi, che a loro volta stando alla ricostruzione dell’accusa facevano capo alla famiglia Sallaku per lo smistamento degli stupefacenti: «Gli incontri con i fornitori e gli scambi della droga avvenivano anche nel ristorante di famiglia e nel capannone, a Pian Camuno. Attività, quelle commerciali, che facevano da copertura ai traffici illeciti, il vero core business». A proposito di «coperture», tra gli arrestati in flagranza il 13 ottobre scorso c’era anche un pensionato di 71 anni, di casa a Pisogne con precedenti (lo beccarono con 40 mila euro in contanti per pagare un chilo di cocaina): pare che al mattino gestisse chili di droga, ma nel pomeriggio, invece, si dedicasse alle buone azioni, trasportando in ambulanza i malati in dialisi.
«Un’indagine complessa e articolata» ribadisce il procuratore. E lo confermano i numeri: 30 arresti in flagranza (per un totale di 50 provvedimenti emessi); sotto sequestro 60 chili di marijuana, 51 di hashish, 12 di eroina, 2 chili di coca, 337 grammi di oppio, 14 fiale di morfina, 200 milligrammi di Mdma. Oltre a circa centomila euro in contanti. E un’indagine che ha portato a questi risultati «anche grazie alla collaborazione tra i reparti di Breno e Clusone, sempre tutelati dalla Direzione distrettuale antimafia» tiene a sottolineare il comandante Magrini. Fatta di pedinamenti e intercettazioni, appostamenti e approfondimenti tecnici, «dove a colpirci è stato proprio questo legame molto forte, questa fusione tra criminali albanesi e della zona al fine di gestire grossi quantitativi di stupefacenti in valle, da Iseo a Breno».
Davanti al gip la procura ha chiesto la convalida degli arresti: «Non sappiamo di chi siano quelle armi» la replica degli indagati.