Ubi, bene i conti: utili a 210,5 milioni ma frena lo spread
«Una banca che riesce a navigare in maniera molto buona nonostante i mari molto più tempestosi e che dimostra per l’ennesima volta di conoscere il proprio porto e di saperci arrivare». Così con una metafora marinaresca il consigliere delegato di Ubi, Victor Massiah sintetizza l’andamento della banca e l’approvazione del consiglio di gestione dei dati al terzo trimestre 2018. Numeri che dicono di un utile dei primi 9 mesi a 210,5 milioni o di 260,6 milioni al netto delle poste non ricorrenti legate alla realizzazione del Piano Industriale. Il miglior risultato degli ultimi 10 anni.
Lasciato alle spalle il risultato positivo dello stress test («dimostra che siamo tra le banche meno impattate in un contesto di stress»), nessuna intenzione di abbassare la guardia. «È oggettivo che la dimensione dei coefficienti patrimoniali in Europa diventa sempre più elevata – ha ricordato Massiah – Per questo il concentrarsi su un ulteriore arricchimento dei nostri coefficienti patrimoniali deve essere, ed è sempre stato, parte della nostra strategia». Per quanto riguarda l’andamento del trimestre, due le componenti di carattere straordinario che si sono fatte sentire. La prima è stata la conclusione dell’accordo sindacale di accompagnamento delle risorse più anziane verso l’esodo pensionistico. 55 milioni lordi una tantum il costo. Il secondo sono state le perdite relative alla cessione delle tranches della cartolarizzazione di sofferenze (43,8 milioni netti). Sotto controllo la componente «costi» con una ulteriore riduzione così come i nuovi crediti non performanti tornati, in termini di flusso e di percentuale di afflusso, ai livelli pre-crisi e una situazione di stock che si è ridotto. Tradotto in numeri: a seguito della vendita delle sofferenze cartolarizzate e dell’attività di recupero, i crediti deteriorati lordi si riducono di circa 1.517 milioni rispetto al 30 giugno 2018 e di 1.922 milioni rispetto ad inizio anno.
La raccolta totale supera i 192 miliardi (191 a gennaio) con quella “diretta” a 94 miliardi e quella “indiretta” a 98,8 miliardi. Performance positiva quella dei prodotti di “bancassurance”, passati a 24,7 miliardi (+14,4% rispetto a inizio anno e +2% su giugno 2018). Cresce il risparmio gestito attestatosi a 44,5 miliardi (+1,6% rispetto a gennaio e stabile su giugno) “in un mercato particolarmente difficile”. Impieghi netti in bonis pari a 83,2 miliardi, in diminuzione di circa 1 miliardo rispetto al 30 giugno 2018, «soprattutto per effetto di una politica di salvaguardia da spread». Stesso discorso per il margine d’interesse sceso a 452,6 milioni (458,4 nel 2trim2018). Le commissioni nette si fermano a 380,5 milioni (400,6 milioni nel 2trim2018), «influenzate da minori collocamenti di prodotti gestiti e solo parzialmente compensati dal buon andamento delle commissioni derivanti dall’attività bancaria tradizionale».
Ma l’ottimismo non cambia. “«Mi aspetto un risultato complessivo annuo migliore di quello dell’anno precedente, e lo confermo. Anche i risultati di questo trimestre – ha concluso Massiah - ci dicono che stiamo sopportando bene questa volatilità sui mercati. È vero che inevitabilmente l’incremento dello spread ci ha portato ad avere un impatto in senso negativo sul patrimonio, ma altre voci, altre componenti ci hanno permesso di assorbire completamente questo impatto negativo, tant’è che il coefficiente patrimoniale CET1, quello più rilevante per la misurazione della solidità è al livello di giugno, questo vuol dire che Ubi è stata in grado di assorbire l’allargamento dello spread senza avere conseguenze sui coefficienti patrimoniali».
Victor Massiah Siamo stati in grado di assorbire l’allargamento dello spread senza conseguenze