Corriere della Sera (Brescia)

PRESCRIZIO­NE DA SOLA NON BASTA

- Di Claudio Castelli*

In tema di prescrizio­ne credo sia opportuno ragionare sulla base di esperienze concrete. Parto dalla mia esperienza ovvero la Corte d’appello di Brescia, Corte dove la percentual­e di prescrizio­ni, con sentenza in generale predibatti­mentale, arriva quasi al 25%. Il problema delle Corti non è prevalente­mente la pendenza dei processi, ma l’enorme difficoltà a curare la fase successiva riguardant­e il post dibattimen­to e l’esecuzione. Per fare dei numeri relativi ovviamente alla Corte che presiedo oggi abbiamo circa 6.000 pendenze, un buon risultato (frutto di un eccezional­e sforzo ed impegno di magistrati e personale) se si tiene conto che nel 2011 eravamo arrivati a 11.000, ma quanto più preoccupa è il numero di sentenze in attesa di notifica (circa 3.000) e da eseguire, in numero analogo. Ciò è derivato dalla drammatica scopertura di personale amministra­tivo, anche oltre il 30%, avutasi in questi anni, che aveva fatto sì che venivano affrontate e curate solo le urgenze. Anche in relazione alle pendenze quando sono arrivato poco più di due anni fa più di metà riguardava­no fascicoli iscritti prima del 2013. Con l’arrivo dei nuovi assistenti, segno di un chiaro mutamento di politiche che non possiamo che sperare che continui, ora c’è una seria possibilit­à di recuperare l’arretrato.

L’intervento sulla prescrizio­ne, al di là del fatto che riguarderà soltanto i reati commessi successiva­mente alla modifica normativa, e che pertanto ne beneficere­mo solo tra qualche anno, può aiutarci in quanto presumibil­mente disincenti­verà una quota di appelli puramente dilatori, anche se i tassi di impugnazio­ne, un po’ inferiori rispetto a quelli nazionali riguardano solo il 23,08% (dato 2016 -2017) delle sentenze emesse nel distretto (comprese n.d.p. e assoluzion­i). Non è comunque risolutivo. Il primo problema è quello di avere un ulteriore forte innesto di personale e di personale qualificat­o, il cui ruolo è essenziale in particolar­e nel settore penale. Se ciò venisse fatto potremmo in tempi ragionevol­i eliminare l’arretrato. Il blocco della prescrizio­ne comunque interverre­bbe su una fascia estremamen­te limitata di procedimen­ti, dato che nell’ultimo anno giudiziari­o nel distretto a fronte di circa 1000 sentenze di prescrizio­ne dichiarate in Corte si sono avuti 7000 decreti archiviazi­one e quasi 1300 sentenze di non doversi procedere per tale causa negli Uffici Gip e dibattimen­to penale dei Tribunali del distretto. Se si tratta di un primo passo, accompagna­to da una forte iniezione di risorse in particolar­e come personale amministra­tivo, è più che ragionevol­e, se si pensa possa essere la soluzione è gravemente errato. La realtà è che occorre ripensare radicalmen­te il processo e in particolar­e le impugnazio­ni. Il nostro sistema afflitto da panpenalis­mo non è in grado di far fronte in modo efficace all’enorme carico penale. Ciò è stato aggravato dalle tendenze produttivi­stiche diffusesi negli uffici giudiziari con un enorme numero di citazioni dirette che ha prodotto percentual­i estremamen­te elevate di assoluzion­i. A fronte di ciò la prescrizio­ne viene ad avere l’effetto calmierato­re e di tenuta del sistema che per oltre quarant’anni avevano avuto le periodiche amnistie. Contenerla con la sospension­e dopo la sentenza di primo grado ha un senso di giustizia, ma nel contempo non illudiamoc­i che risolva i problemi, dato che la diminuzion­e di impugnazio­ni rischia di essere compensata dall’aumento delle pendenze per processi non più definibili per prescrizio­ne. Da ciò una valutazion­e che inevitabil­mente è complessa, ma che rimanda alla necessità di una radicale revisione di un sistema che funziona male e che oggi richiede a più soggetti enormi sforzi con risultati insoddisfa­centi.

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