Abusi in palestra: distrutta dal maestro
Uno sconto di soli quattro mesi — la «minore gravità» riconosciuta in relazione a un episodio commesso ai danni di una ragazzina che non si è costituita a giudizio — e la conferma dell’impianto accusatorio. Una quarantina di pagine, con le quali la Corte d’appello (presidente Enrico Fischetti) il 9 ottobre ha condannato a nove anni e due mesi Carmelo Cipriano, istruttore di karate di 44 anni, arrestato il 5 ottobre di un anno fa per violenza sessuale (anche di gruppo) nei confronti di alcune allieve minorenni della sua palestra a Lonato, prostituzione minorile e detenzione di materiale pedopornografico.
La difesa ha insistito, ancora, soprattutto sulla presunta inattendibilità delle accuse, ipotizzando contraddizioni e suggestioni reciproche. In particolare nei confronti di Giada, la più giovane (all’epoca del primo approccio aveva solo 12 anni) e che per prima ha sporto denuncia, pur dopo anni: «Emerge pacificamente che tra lei e il maestro di era creato un legame molto forte, dunque l’elaborazione negativa del proprio vissuto, da parte di un’adolescente come lei, ha necessariamente richiesto un tempo apprezzabile». Senza dimenticare che anche la psicologa ha definito «manipolatori» («nonché causa di seri disadattamenti») gli atteggiamenti di Cipriano verso le ragazze. Per i giudici «i racconti trovano riscontro reciproco nelle dichiarazioni delle altre persone offese», tanto che «non emerge alcuna contaminazione». Anzi: sono «dettagliati, con precisione sui tempi e i luoghi, r hanno come unico sviluppo comune il dato pacifico che l’iniziativa veniva presa sempre da Cipriano, con adescamenti pressanti, utilizzando l’evidente ascendente sulle giovani — a volte giovanissime — allieve, che il suo ruolo di maestro di karatè aveva». E la conseguenza è pesantissima: perché «se è vero che l’imputato, in carcere, sta seguendo un percorso psicologico, appare recessivo rispetto all’enorme danno cagionato alle persone offese, che hanno visto turbato il loro normale sviluppo psicologico, emotivo e sessuale», con «notevole inquinamento e corruzione della personalità delle vittime». Carmelo Cipriano: un uomo «adulto e inserito nel mondo dello sport agonistico, che di certo gli ha consentito di conoscere i valori positivi di una disciplina antica, nobile e rigorosa come il karate», che ha «consapevolmente scelto di trasmettere alle ragazze ben altri insegnamenti, corrompendone la personalità e distruggendo la loro adolescenza, in una fase difficile di crescita e formazione», scrivono i giudici di secondo grado. Quindi «non merita un trattamento sanzionatorio più favorevole, nè attenuanti».