STAZIONI SCIISTICHE E FUTURO
Con l’avvicinarsi della stagione sciistica e i primi fiocchi che in queste ore non si sono fatti attendere, i lavori fervono in tutte le stazioni alpine e, come ogni anno, si torna a discutere di problemi e prospettive. Mentre i big competitor del settore consolidano la loro proposta, con infrastrutture e servizi sempre più competitivi, le piccole stazioni tornano a confrontarsi con le difficoltà che le precedenti gestioni hanno trasformato in questioni strutturali: mancanza di neve, calo delle presenze, offerta invecchiata, ecc. Da anni è in atto anche in Italia un processo di selezione darwiniana, avanzatissimo sui mercati della neve d’oltre Oceano, in base al quale la stazione grande mangia quella piccola e il numero delle località subisce drastici ridimensionamenti. In questo quadro demoralizzante per i comprensori meno attrezzati giungono però dei segnali positivi da alcune case histories, che scompigliano le carte in tavola. Qualche giorno fa i giornali hanno ripreso la notizia che gli impianti di Foppolo, la località bergamasca investita da un vero e proprio ciclone giudiziario, che ne ha messo in discussione la stessa sopravvivenza, grazie a una sapiente gestione hanno incassato nell’ultimo esercizio trecentomila euro in più. Ma Foppolo non è un caso isolato. All’ultima assemblea dell’Anef, l’associazione degli impiantisti a fune, ha suscitato scalpore la notizia che ai Piani di Bobbio la gestione 2017–18 aveva registrato oltre un milione di euro di utili.
Si sono versati fiumi di inchiostro sulla crisi dello sci di prossimità e sui guai delle stazioni di bassa quota. Ed ecco che proprio la piccola località del lecchese, che richiede anche l’accesso in funivia da Barzio, in Valsassina, grazie alla sapiente gestione Fossati ha totalizzato risultati che ingolosirebbero le più premiate ski–aree alpine. Come è stato possibile? Grazie alla professionalità e alla fantasia del management di stazione. A Bobbio non potevano contare sulle sovvenzioni delle località della Valle d’Aosta e del Trentino– Alto Adige. E così hanno pensato di sostituire i finanziamenti pubblici con un’aggressiva cultura imprenditoriale, immaginando strategie, offerte, pacchetti, che poi sono andati a posizionare sul mercato. La strada è questa. Chi gestisce una località può fare la differenza, ma le nuove prospettive si aprono solo a patto di congedarsi da obsoleti schemi del passato. Ciò richiama l’attenzione sulla necessità di investire sulla formazione, che è altrettanto importante degli impianti e dell’innevamento. A fare una stazione nuova sono uomini nuovi. E c’è da augurarsi che presto le nostre università mettano in cantiere corsi per la formazione di nuovi manager, capaci di rifondare il turismo della neve.