Traffico illecito di rottami: un imprenditore ai domiciliari
L’operazione dei Forestali tra Calcinato, Cellatica e Desenzano
Augusto Rigon, titolare della San Marco Metal trading di Calcinato, è finito ai domiciliari per traffico illecito di rottami, anche pericolosi. L’imprenditore, che non sarebbe nuovo a reati di questo tipo, è considerato dagli investigatori dei carabinieri forestali «regista» e gestore dell’attività criminale. Con lui sono stati denunciati anche i responsa- bili di altre due società, a Desenzano e Cellatica, soci in affari. E con loro nel registro degli indagati sono finite pure altre diciotto persone per aver partecipato, a vario titolo, al traffico illegale di rottami che, senza essere trattati, venivano venduti ad alcune aziende siderurgiche. Ora l’imprenditore rischia una sanzione di tre milioni di euro.
I sigilli all’ingresso delle aziende, che sono tre. E un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. Augusto Rigon, titolare della San Marco Metal trading di Calcinato, è stato arrestato ed è finito ai domiciliari (su richiesta del sostituto procuratore Ambrogio Cassiani) con l’accusa di traffico illecito di rifiuti speciali. Anche pericolosi: rame e altri metalli, batterie al piombo, veicoli ormai fuori uso, apparecchiature elettriche o elettroniche. No, non li smaltiva e inertizzava come avrebbe dovuto.
E se è Rigon, per gli inquirenti, il presunto «regista» e gestore dell’attività criminale, sono stati denunciati anche i responsabili di altre due società, a Desenzano e Cellatica, che facevano affari con lui che già in passato — si lascia sfuggire un investigatore — era finito nei guai per reati simili. E con loro nel registro degli indagati sono finite pure altre diciotto persone per aver partecipato, a vario titolo, al traffico illegale: chi i rifiuti li ha conferiti e chi, a volte, li ha acquistati pur sapendo della loro «dubbia» provenienza.
È l’epilogo di una lunga e complessa indagine delegata ai carabinieri del nucleo forestale di Vobarno i quali, seguendo un carico illecito di rifiuti che proveniva dalla Valsabbia, sono arrivati proprio all’azienda di Calcinato come sito di destinazione di tutto quel materiale da smaltire (e da lì costantemente monitorata dai militari).
In sostanza, secondo la ricostruzione della procura, l’imprenditore avrebbe gestito in maniera clandestina migliaia di tonnellate di rifiuti previo «approvvigionamento» da oltre 130 fornitori diversi, la maggior parte stranieri e che chiaramente agivano senza alcuna autorizzazione di legge. Eludendo quindi (totalmente) il sistema di tracciabilità dei rifiuti, per non parlare delle imposte evase. Tutto in «nero».
Dopo il conferimento, sempre stando agli elementi emersi durante le indagini, i rottami venivano trasferiti nelle altre due imprese finite sotto sequestro, accompagnati da documenti falsi realizzati ad hoc in grado di attestarne (falsamente) il trattamento come da normativa comunitaria. Obiettivo: ostacolare il più possibile l’identificazione della loro provenienza in modo poi da consentire il riutilizzo dei rifiuti nei cicli produttivi di alcune aziende siderurgiche.
Chiuse, quindi, le tre ditte in questione dopo la perquisizione disposta dal pm. E se gli illeciti contestati saranno confermati, l’imprenditore sessantenne rischia sanzioni salatissime, da oltre tre milioni di euro.
Ma non è tutto. Con l’aiuto dei colleghi di Breno, Edolo, Gavardo, Salò, Iseo, Vestone, Bagolino e anche Brescia, i carabinieri forestali avrebbero documentato ulteriori «gravi reati contro l’ambiente e la salute pubblica» sempre in capo agli indagati, che rispondono anche di illeciti finanziari e contro il patrimonio come ricettazione, autoriciclaggio, combustione illecita di rifiuti, inosservanza delle norme sull’obbligo di sorveglianza radiometrica, realizzazione e gestione di discarica abusiva. Il titolare della ditta con sede a Cellatica, per esempio, avrebbe stoccato abusivamente su un terreno agricolo di sua proprietà a Lonato del Garda — finito pure quello, come le aziende, sotto sequestro — decine di metri cubi di rifiuti che derivavano dalla sua attività, ma senza essere in possesso di alcuna autorizzazione.