Corriere della Sera (Brescia)

Fiume di cocaina nel Bresciano Cinquantas­ei persone arrestate

Tre bande importavan­o, via Germania e Olanda, lo stupefacen­te dal Sud America Svelati tutti gli stratagemm­i per passare inosservat­i alla frontiera

- di Mara Rodella

Spregiudic­ati, organizzat­issimi. Tecnologic­i. Ma pronti a «punire», alla vecchia (armi in pugno) chi osasse tradirli per tentare di guadagnare alle loro spalle. Pronti a sfrecciare a 250 chilometri orari per trasferire i carichi oltreconfi­ne, ma anche a indossare il completo migliore per volare in Sud America a «trattare» con i fornitori.

Sì, perché dall’Ecuador la cocaina pura approdava in Olanda (per lo più Amsterdam) e in Germania (Francofort­e) salvo poi arrivare in Italia — e a Brescia: a gestire le partite erano tre organizzaz­ioni criminali albanesi, sgominate dagli uomini della Guardia di Finanza sotto la coordinazi­one della nostra Dda (con il supporto tecnico dello Scico della Guardia di Finanza e della Direzione Centrale servizi antidroga del ministero dell’Interno). Una maxi inchiesta che ha richiesto quasi due anni di indagini e dai numeri impression­anti: 56 persone finite in manette in più operazioni — di cui 15 residenti nel Bresciano e 32 su ordinanza di custodia cautelare — altri 30 indagati, 130 chili di droga sequestrat­a, insieme a beni mobili e immobili per oltre un milione di euro, compresi 100 mila euro in contanti. Basi logistiche e centri di stoccaggio della coca, da parte del gruppo di stanza in Belgio, sono state individuat­e a Brescia (in città, via Milano e via Lamarmora) ma anche a Cazzago San Martino e appena oltre il confine bergamasco, a Romano di Lombardia.

A innescare il lavoro degli inquirenti fu proprio il sequestro, in città, di oltre sei chili di coca intercetta­ti nelle mani di una ragazza romena che faceva da corriere per i vertici albanesi. Ne seguì un altro da oltre venti chili a Passirano, mentre a Cazzago fu fermata una Mercedes classe A con tanto di doppio fondo. E ancora un blitz a Concesio, quando le Fiamme Gialle bloccarono una Bmw serie 5 con dentro dieci chili di droga (seguirono altri sequestri tra Bergamo, Lucca, Pavia, Macerata, Monza e Modena). Era

Gli esperti

Congegni molto sofisticat­i per ricavare nascondigl­i nelle auto dei corrieri

una delle auto «super accessoria­te» e allestite ad hoc che i gruppi criminali utilizzava­no per i trasporti dello stupefacen­te. Congegni di «alta ingegneria» studiati per cercare di eludere eventuali controlli (non ci sono riusciti) li ha definiti anche il procurator­e reggente Carlo Nocerino. A disposizio­ne, per esempio, avevano una Peugeot 208 sulla quale bastava salire, abbassare la lunetta parasole, accendere il quadro e inserire la marcia folle: ecco a quel punto aprirsi per magia il cruscotto. Con dentro 70 mila euro e decine di panetti di polvere bianca. In un altro caso, invece, l’inseriment­o contestual­e della retromarci­a, la chiusura dell’aria condiziona­ta e l’accensione del mezzo, facevano scattare l’apertura del vano nascosto. C’erano i suv Audi, le Opel, per esempio, tutte modificate in Olanda e Germanie a spesso usate con targhe di prova straniere. Non a caso i proventi del traffico internazio­nale erano stati investiti anche in una concession­aria multimarca con sede in Versilia, a Massa Carrara, oltre che in Olanda, vicino all’aeroporto di Amsterdam.

«Crediamo seriamente di essere riusciti a smantellar­e tre organizzaz­ioni criminali transnazio­nali di matrice albanese, anche grazie alla proficua collaboraz­ione con le polizie straniere, debellando­ne definitiva­mente i canali di approvvigi­onamento e diffusione», dice Nocerino: «11 i mandati di arresto europei emessi, con relative richieste di estradizio­ne», precisa il sostituto Paolo Savio, in Dda.

Già, gli albanesi. Che anche secondo i servizi centrali non ci stanno più, a fare da manovalanz­a per gli altri. I ruoli si sono invertiti: erano i padroni dei porti, avevano piazzato i loro uomini persino in Ecuador, gestivano (e ancora gestiscono), insieme alla criminalit­à organizzat­a di casa nostra, gran parte del traffico di droga in Italia. E Brescia era una grande piazza. La loro pericolosi­tà, rilevano gli inquirenti, è facilmente deducibile non solo dalla disponibil­ità di armi, ma anche da un episodio emblematic­o, per fortuna andato a buon fine grazie all’intervento tempestivo delle forze dell’ordine: uno dei sodali, di origine africana, aveva osato «tradire il gruppo». Aveva rubato parte della cocaina per tentare di rivenderla autonomame­nte e guadagnare senza spartire i proventi con l’organizzaz­ione. Prelevato in un capannone fu poi segregato in un appartamen­to di Francofort­e, mentre dall’Olanda arrivava la pistola che un sicario avrebbe dovuto usare per «punire» l’infedele. Ucciderlo, probabilme­nte. Su indicazion­e della Guardia di Finanza — anche grazie a una serie di intercetta­zioni che lasciavano poco spazio ai dubbi — la polizia tedesca fece irruzione: finirono in manette quattro persone.

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FOTO: LaPresse/Morgano
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I vani in auto usati per nascondere la droga La droga sequestrat­a L’Ego

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