La Fondazione e la sua eredità
Ora che ci ha lasciato sapremo onorare la sua intuizione e il suo amore per la civiltà bresciana.
La morte di mons. Fappani lascia un vuoto enorme in tutti noi, perché ci priva di un insostituibile punto di riferimento, morale, prima ancora che culturale. Ciò che ha fatto per Brescia e provincia non potrà mai essere dimenticato: dalla preziosa opera della Enciclopedia bresciana all’impegno per il rilancio del Castello di Padernello, dalle innumerevoli pubblicazioni fino alla istituzione della Fondazione Civiltà Bresciana, che da oltre 35 anni promuove ricerche, studi, convegni e borse di studio sulla tradizione, la cultura, la storia della nostra Provincia, della «civiltà bresciana» appunto.
Alcuni anni fa, monsignor Fappani ha chiesto aiuto ad alcuni volenterosi per cercare di riorganizzare la Fondazione, e poterle dare una prospettiva per gli anni a venire. La Fondazione, infatti, nata 35 anni fa grazie all’intuizione di don Antonio e alla disponibilità e l’impegno di tanti amici e vissuta sull’entusiasmo, la passione e lo spontaneismo di uno studioso davvero unico per la vastità della sua cultura, per la varietà dei suoi interessi, per l’amore e la fede con cui ha coltivato la riscoperta della nostra identità, aveva (ed ha) raggiunto una mole tale – come volumi raccolti, come pubblicazioni, come iniziative – da aver bisogno di una profonda riorganizzazione.
Grazie all’impegno di tanti amici, e grazie al sostegno delle istituzioni pubbliche e della Diocesi, a riprova dell’affetto, della stima e della considerazione che tutta la comunità bresciana ha sempre tributato a mons. Fappani, la Fondazione è ripartita con nuovo slancio: coinvolgendo nuovi soci fondatori, accanto a quelli che da tanti anni frequentano le stanze di vicolo San Giuseppe; tornando a pubblicare la rivista «Civiltà Bresciana», con un intento allo stesso tempo divulgativo e scientifico, nella convinzione che le ricerche sulla «civiltà bresciana» possano avere una cifra popolare irrinunciabile e capace di suscitare un vasto e diffuso interesse, senza rinunciare al rigore metodologico e al confronto con il mondo accademico; ponendosi il problema della messa a norma della sede storica dove ha sempre operato; continuando a pubblicare nuove ricerche e nuovi volumi e ad organizzare convegni ed incontri.
La morte di mons. Antonio – che ci è rimasto accanto fino all’ultimo come Presidente onorario e, soprattutto, come instancabile ispiratore di nuovi temi di ricerca - ci interroga su quale possa essere il futuro della Fondazione. Ci sentiamo tutti chiamati ad un compito immane, quello di immaginare una Fondazione senza più la sua guida salda; ma anche ad una responsabilità a cui non possiamo sottrarci, perché il modo migliore per ricordare la sua figura è proprio quello di cercare di proseguire il suo sforzo, di non lasciar morire la sua grande intuizione, e di continuare a coltivare quell’amore per la «civiltà bresciana» che hanno dato vita ad un patrimonio di straordinaria ricchezza. Siamo però sicuri che la nostra comunità saprà onorare la memoria di una figura straordinaria come quella di mons. Antonio, e saprà mettere a frutto e valorizzare la grande eredità morale e culturale che ci ha lasciato.
"L’ente La sua morte ci interroga sul futuro della istituzione