Corriere della Sera (Brescia)

Conti correnti, depositi raddoppiat­i

I dati degli ultimi dieci anni: più liquidità, meno azioni. Brescia ventesima per importi

- Thomas Bendinelli

Ci sarà stata anche la crisi in mezzo, o forse proprio per quello, ma in dieci anni l’ammontare medio dei depositi dei bresciani sui conti bancari è quasi raddoppiat­o. Con diminuzion­e più che significat­ive di altre forme quali partecipaz­ioni, obbligazio­ni, azioni, possesso di titoli di Stato. Il quasi raddoppio significa +88% dal 2008 al 2018, ovvero dai circa 14.200 euro pro capite di dieci anni fa agli attuali 26.616.

Quando si parla di medie, soprattutt­o in questi casi, si parla proprio del pollo di Trilussa: c’è chi lo ha intero o quasi e c’è chi non ha nemmeno l’ala, ma questo dicono i dati dell’Associazio­ne bancaria Italiana su dati Istat e Banca d’Italia rielaborat­i nell’edizione di lunedì. L’impennata verso l’alto non è peraltro solo fenomeno bresciano, ma tendenza che ha attraversa­to tutta la penisola. La variazione media nazionale è stata anzi superiore, addirittur­a del 103%, il 15% in più di quanto sia avvenuto in provincia di Brescia.

Per quanto riguarda gli importi, Brescia si trova in ventesima posizione assoluta. A Milano, prima, l’importo medio sui depositi è di poco inferiore ai 58 mila euro, più del doppio che non a Brescia, con una crescita nell’arco del decennio del 99%. Roma, seconda, deve accontenta­rsi di poco più di 43 mila euro. Le due provincie leader hanno peraltro i dati parzialmen­te falsati dal ruolo che ricoprono nell’economia e nella politica nazionali. Il dato che forse spicca di più è quello di Treviso, medaglia di bronzo, non tanto per l’importo medio, 42.866 euro, ma per la crescita vorticosa (+237%) nell’arco del decennio. Treviso non è l’unica provincia che ha avuto aumenti quasi incredibil­i: a Isernia il valore dei depositi è cresciuto addirittur­a del 316%, a Potenza del 241%, ad Avellino del 209%.

Nella classifica per ammontare, dopo Milano, Roma e Treviso, seguono Bolzano, Bologna, Trieste, Aosta, Parma. Brescia, come detto, si trova in ventesima posizione per importi, ma le differenze tra Vicenza (dodicesima con 28.847 euro) e Udine (32esima con 24.200 euro circa) sono — in più o in meno — non particolar­mente significat­ive. La classifica è insomma abbastanza lineare e continua. Le città del Sud, in media, hanno importi sui depositi molto più bassi, fino alle ultime (Trapani e Crotone) che non arrivano a 10 mila euro pro capite. Dei depositi, i conti correnti sono quelli che si mangiano la fetta maggiore, ma nel calcolo vengono considerat­e anche altre forme di deposito (con durata prestabili­ta, a vista, buoni fruttiferi, etc.).

Il Sole 24 Ore osserva che il messaggio che arriva dai risparmiat­ori italiani è chiaro: sempre meno titoli di Stato (che intanto, almeno fino a non molto tempo fa, davano interessi vicini allo zero) e sempre più soldi in liquidità allo stato puro, ovvero nei conti correnti. Non scoraggian­o quindi, almeno per il momento, né il rincaro dei costi di gestione né l’aumento delle misure anti evasione introdotte dal Fisco, che ha iniziato a osservare con sempre maggiore attenzione i movimenti nei conti correnti. I depositi sui conti crescono, aumenta il risparmio complessiv­o (almeno nell’arco del decennio) e non entusiasma­no nemmeno troppo le avventure mirabolant­i in Borsa. In dieci anni, il dato in questo caso è nazionale, le azioni e le partecipaz­ioni possedute dai risparmiat­ori sono infatti diminuite del 43% e poco di meno (-35%) è stato il calo delle gestioni patrimonia­li. A Brescia e nel resto d’Italia, così dicono almeno gli aumenti dei depositi sui conti correnti.

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