Conti correnti, depositi raddoppiati
I dati degli ultimi dieci anni: più liquidità, meno azioni. Brescia ventesima per importi
Ci sarà stata anche la crisi in mezzo, o forse proprio per quello, ma in dieci anni l’ammontare medio dei depositi dei bresciani sui conti bancari è quasi raddoppiato. Con diminuzione più che significative di altre forme quali partecipazioni, obbligazioni, azioni, possesso di titoli di Stato. Il quasi raddoppio significa +88% dal 2008 al 2018, ovvero dai circa 14.200 euro pro capite di dieci anni fa agli attuali 26.616.
Quando si parla di medie, soprattutto in questi casi, si parla proprio del pollo di Trilussa: c’è chi lo ha intero o quasi e c’è chi non ha nemmeno l’ala, ma questo dicono i dati dell’Associazione bancaria Italiana su dati Istat e Banca d’Italia rielaborati nell’edizione di lunedì. L’impennata verso l’alto non è peraltro solo fenomeno bresciano, ma tendenza che ha attraversato tutta la penisola. La variazione media nazionale è stata anzi superiore, addirittura del 103%, il 15% in più di quanto sia avvenuto in provincia di Brescia.
Per quanto riguarda gli importi, Brescia si trova in ventesima posizione assoluta. A Milano, prima, l’importo medio sui depositi è di poco inferiore ai 58 mila euro, più del doppio che non a Brescia, con una crescita nell’arco del decennio del 99%. Roma, seconda, deve accontentarsi di poco più di 43 mila euro. Le due provincie leader hanno peraltro i dati parzialmente falsati dal ruolo che ricoprono nell’economia e nella politica nazionali. Il dato che forse spicca di più è quello di Treviso, medaglia di bronzo, non tanto per l’importo medio, 42.866 euro, ma per la crescita vorticosa (+237%) nell’arco del decennio. Treviso non è l’unica provincia che ha avuto aumenti quasi incredibili: a Isernia il valore dei depositi è cresciuto addirittura del 316%, a Potenza del 241%, ad Avellino del 209%.
Nella classifica per ammontare, dopo Milano, Roma e Treviso, seguono Bolzano, Bologna, Trieste, Aosta, Parma. Brescia, come detto, si trova in ventesima posizione per importi, ma le differenze tra Vicenza (dodicesima con 28.847 euro) e Udine (32esima con 24.200 euro circa) sono — in più o in meno — non particolarmente significative. La classifica è insomma abbastanza lineare e continua. Le città del Sud, in media, hanno importi sui depositi molto più bassi, fino alle ultime (Trapani e Crotone) che non arrivano a 10 mila euro pro capite. Dei depositi, i conti correnti sono quelli che si mangiano la fetta maggiore, ma nel calcolo vengono considerate anche altre forme di deposito (con durata prestabilita, a vista, buoni fruttiferi, etc.).
Il Sole 24 Ore osserva che il messaggio che arriva dai risparmiatori italiani è chiaro: sempre meno titoli di Stato (che intanto, almeno fino a non molto tempo fa, davano interessi vicini allo zero) e sempre più soldi in liquidità allo stato puro, ovvero nei conti correnti. Non scoraggiano quindi, almeno per il momento, né il rincaro dei costi di gestione né l’aumento delle misure anti evasione introdotte dal Fisco, che ha iniziato a osservare con sempre maggiore attenzione i movimenti nei conti correnti. I depositi sui conti crescono, aumenta il risparmio complessivo (almeno nell’arco del decennio) e non entusiasmano nemmeno troppo le avventure mirabolanti in Borsa. In dieci anni, il dato in questo caso è nazionale, le azioni e le partecipazioni possedute dai risparmiatori sono infatti diminuite del 43% e poco di meno (-35%) è stato il calo delle gestioni patrimoniali. A Brescia e nel resto d’Italia, così dicono almeno gli aumenti dei depositi sui conti correnti.