Malfattore, Jolly blue e le altre A Collio una collezione di bionde
Un singolo malto tipo pils, un singolo luppolo columbus da piante di proprietà, raccolto il mattino sulle sponde del Sebino e utilizzato in continua nella cotta del pomeriggio, lievito da vino ceppo Bajanus (lo si usa per il Franciacorta), acqua. Nella corsa a chi usa più luppoli in cui pare cimentarsi l’industria brassicola, i ragazzi del Curtense, Christian Manessi e Matteo Marenghi, si chiamano fuori con la loro Malfattore. Anche qui si dovrebbe usare il singolare perché pur essendo Christian il «mastro birraio» ufficiale, questa birra è opera di Matteo che utilizza, i due ironizzano sulla cosa, le assenze del primo per fare la cosa che più lo appassiona: sperimentare. E di sperimentazione ne abbiamo a piene mani, la Malfattore riposa alla temperatura di 7 gradi garantita all’interno della miniera Sant’Aloisio di Collio. Difficile definirne lo stile, il lievito da vino ha lasciato una morbidezza inaspettata che segue un naso erbaceo, elegante e con qualche ricordo agrumato, e un ingresso asciutto, per poi chiudere con note piacevolmente amare. Matteo pensava a un’extra brut ipa, magari da esprimere in una prossima cotta. Importante di sicuro questo continuo provare e attingere al territorio per le loro realizzazioni: al fresco della miniera riposano la Jolly blue — a differenza della Malfattore che utilizza solo lieviti da vino, vera e propria Italian grape ale realizzata con mosto di Chardonnay franciacortino —, la 030 arricchita dall’omonimo amaro bresciano, e due birre «acide», una «brettata» e l’altra, concediamoci il neologismo di «pommieresse», arricchite da mele locali: entrambe fermentano in botti.