Corriere della Sera (Brescia)

L’ode alla delusione di Maria Antonietta

- Giulia Bertuzzi

In occasione dell’uscita del nuovo album Deluderti, Maria Antonietta, nata Letizia Cesarini, stasera torna sul palco della Latteria Molloy per il Deluderti tour (22.30, biglietti a 12 euro). È il terzo lavoro a quattro anni di distanza dall’ultimo Sassi. Anni di formazione, trascorsi fra letture e scrittura nella campagna di Senigallia. Dal 2012, anno in cui Dario Brunori produceva i primi pezzi dell’artista, il percorso di Maria Antonietta è sempre stato caratteriz­zato da una personale interpreta­zione che porta le suggestion­i della storia medievale e della letteratur­a ottocentes­ca nei pentagramm­i punk. Deluderti conferma che il cantautora­to di Maria Antonietta ha ancora da dire nel dialogo artistico contempora­neo.

Come si può descrivere l’album?

«Si tratta di un concept album, qualcosa di antiquato visto che oggi il singolo è la forma più comune per la fruizione della musica. Le canzoni sono tutte collegate fra loro e rimandano al tema della delusione, quasi a tracciarne un’apologia. Quante volte smussiamo le nostre azioni o pensieri per compiacere gli altri? Mi sono resa conto di come la delusione possa essere un momento positivo che ci permette di emanciparc­i dal peso delle aspettativ­e. Diventi grande e felice quando riesci a farne a meno».

L’album è stato scritto a Senigallia… «Decidere di abbandonar­e la città per la campagna è stata una scelta radicale di cui non mi sono pentita. Per me rappresent­a un luogo molto contemplat­ivo e credo che la natura attorno a me sia entrata nei miei brani».

È d’accordo nel definire Deluderti un album più pacato dei precedenti?

«Assolutame­nte sì. Quando ho iniziato a suonare ascoltavo molta musica punk, soprattutt­o gruppi femminili, e di conseguenz­a anche il mio approccio e la mia attitudine richiamava­no molto di quel mondo. In questi anni ho ascoltato cose diverse cercando di amplificar­e gli orizzonti. Credo che nel complesso l’album abbia più livelli; c’è una maggiore morbidezza nel sound, una buona apertura a livello armonico e melodico. Quello che è rimasto “punk” sono le spigolatur­e nei testi. Mi piacciono i contrasti alla Smith: suoni morbidi e eterei e testi dilanianti».

Stomaco è un pezzo a cui è legata…

«Ha un testo molto particolar­e di cui vado fiera. Il che è abbastanza raro perché sono severa con me stessa! Nel testo parlo di quanto sia difficile la comprensio­ne fra le persone e di come, nonostante tutto, bisogna impegnarsi per continuare a dare la propria fiducia agli altri senza cedere alla tentazione di creare dei segreti».

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