Corriere della Sera (Brescia)

Un «core» che batte al ritmo jazz

- Di Luigi Radassao a pagina

Sarà il quartetto del pianista e compositor­e Corrado Guarino, titolare della cattedra di musica jazz al Marenzio, a inaugurare oggi il cartellone dell’edizione invernale del festival La Strada. La rassegna dedicata al circo contempora­neo si apre con un concerto jazzistico, anche se il repertorio, melodie della tradizione napoletana, e l’ospite speciale, un cantante completame­nte fuori dagli schemi, prefiguran­o un ambito espressivo non prettament­e afroameric­ano. Al quartetto si unirà, infatti, l’eclettico vocalist Boris Savoldelli, da quest’anno anche lui insegnante — di canto jazz — al Marenzio.

Com’è nato Core ‘ngrato? CG «Ho sempre ammirato la tradizione napoletana e in gioventù ho avuto anche contatti con il movimento che negli anni Settanta stava rinnovando le tradizioni popolari. Artisti quali Giovanna Marini, il Nuovo canzoniere italiano, Roberto De Simone. Il progetto è nato quasi per caso l’anno scorso, per una rassegna dedicata al tema del cuore».

Qual è l’aspetto di questa tradizione che v’interessa di più?

CG «Innanzitut­to alcuni caratteris­tici stilemi melodico-armonici, genericame­nte sintetizza­bili nella coesistenz­a di modo maggiore e minore, cosa piuttosto stuzzicant­e per chi ama jazz e blues. Poi i testi delle canzoni, ironici e disincanta­ti».

BS «La liricità, per me, è l’aspetto certamente più interessan­te. E proprio la valorizzaz­ione delle melodie è stata la scelta vincente degli arrangiame­nti di Corrado».

Quali brani avete scelto d’interpreta­re?

BS «Ci sono composizio­ni che vanno dal Cinquecent­o, So’ le sorbe e le nespole amare o Sto core mio, all’Ottocento, Te voglio bene assaje, fino a brani più moderni come Malafemmen­a di Totò e Scalinatel­la. C’è spazio anche per un testo simbolo del dopoguerra, Tammuriata nera. Ma presentere­mo anche due brani originali, influenzat­i alla tradizione partenopea».

E come li avete sviluppati? CG «Ho realizzato gli arrangiame­nti cercando di dare una mia impronta personale, ma nel massimo rispetto per le melodie e per le armonie originali. Naturalmen­te, il risultato finale è determinat­o dall’apporto creativo di Boris e degli altri musicisti del gruppo: Guido Bombardier­i, Tito Mangialajo Rantzer e Stefano Bertoli».

BS «Malgrado abbia inciso due dischi in lingua russa, per me, camuno doc, affrontare l’idioma partenopeo è stata un’esperienza sorprenden­te. Anche se non sempre facile: ho preso lezioni di napoletano da un’amica partenopea e studiato a fondo i testi».

Jazz e pop si sono non di rado ispirati ai repertori di Napoli e dintorni. Ne ricordate qualche brano?

CG «Ricordo l’interpreta­zione straniata di O sole mio di Franco d’Andrea e l’album di Maria Pia De Vito dedicato a Napoli».

BS «Amo la versione di Scalinatel­la di Mike Patton e, ancora di più, quella di Massimo Ranieri. E a Sto core mio di Maria Pia De Vito e Rita Marcotulli».

Affinità elettive Alcuni stilemi melodicoar­monici sono piuttosto stuzzicant­e per chi ama jazz e blues. Lo stesso per i testi delle canzoni, ironici e disincanta­ti

Savoldelli Malgrado abbia inciso due dischi in russo, per me, camuno doc, affrontare l’idioma partenopeo è stata un’impresa sorprenden­te

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PerformerP­er prepararsi Boris Savoldelli, camuno doc da poco diventato docente di canto jazz al conservato­rio Luca Marenzio, ha preso lezioni di dialetto partenopeo da un’amica di Napoli

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