Un «core» che batte al ritmo jazz
Sarà il quartetto del pianista e compositore Corrado Guarino, titolare della cattedra di musica jazz al Marenzio, a inaugurare oggi il cartellone dell’edizione invernale del festival La Strada. La rassegna dedicata al circo contemporaneo si apre con un concerto jazzistico, anche se il repertorio, melodie della tradizione napoletana, e l’ospite speciale, un cantante completamente fuori dagli schemi, prefigurano un ambito espressivo non prettamente afroamericano. Al quartetto si unirà, infatti, l’eclettico vocalist Boris Savoldelli, da quest’anno anche lui insegnante — di canto jazz — al Marenzio.
Com’è nato Core ‘ngrato? CG «Ho sempre ammirato la tradizione napoletana e in gioventù ho avuto anche contatti con il movimento che negli anni Settanta stava rinnovando le tradizioni popolari. Artisti quali Giovanna Marini, il Nuovo canzoniere italiano, Roberto De Simone. Il progetto è nato quasi per caso l’anno scorso, per una rassegna dedicata al tema del cuore».
Qual è l’aspetto di questa tradizione che v’interessa di più?
CG «Innanzitutto alcuni caratteristici stilemi melodico-armonici, genericamente sintetizzabili nella coesistenza di modo maggiore e minore, cosa piuttosto stuzzicante per chi ama jazz e blues. Poi i testi delle canzoni, ironici e disincantati».
BS «La liricità, per me, è l’aspetto certamente più interessante. E proprio la valorizzazione delle melodie è stata la scelta vincente degli arrangiamenti di Corrado».
Quali brani avete scelto d’interpretare?
BS «Ci sono composizioni che vanno dal Cinquecento, So’ le sorbe e le nespole amare o Sto core mio, all’Ottocento, Te voglio bene assaje, fino a brani più moderni come Malafemmena di Totò e Scalinatella. C’è spazio anche per un testo simbolo del dopoguerra, Tammuriata nera. Ma presenteremo anche due brani originali, influenzati alla tradizione partenopea».
E come li avete sviluppati? CG «Ho realizzato gli arrangiamenti cercando di dare una mia impronta personale, ma nel massimo rispetto per le melodie e per le armonie originali. Naturalmente, il risultato finale è determinato dall’apporto creativo di Boris e degli altri musicisti del gruppo: Guido Bombardieri, Tito Mangialajo Rantzer e Stefano Bertoli».
BS «Malgrado abbia inciso due dischi in lingua russa, per me, camuno doc, affrontare l’idioma partenopeo è stata un’esperienza sorprendente. Anche se non sempre facile: ho preso lezioni di napoletano da un’amica partenopea e studiato a fondo i testi».
Jazz e pop si sono non di rado ispirati ai repertori di Napoli e dintorni. Ne ricordate qualche brano?
CG «Ricordo l’interpretazione straniata di O sole mio di Franco d’Andrea e l’album di Maria Pia De Vito dedicato a Napoli».
BS «Amo la versione di Scalinatella di Mike Patton e, ancora di più, quella di Massimo Ranieri. E a Sto core mio di Maria Pia De Vito e Rita Marcotulli».
Affinità elettive Alcuni stilemi melodicoarmonici sono piuttosto stuzzicante per chi ama jazz e blues. Lo stesso per i testi delle canzoni, ironici e disincantati
Savoldelli Malgrado abbia inciso due dischi in russo, per me, camuno doc, affrontare l’idioma partenopeo è stata un’impresa sorprendente