Corriere della Sera (Brescia)

I richiedent­i asilo a quota tremila

Un migliaio vive da familiari. Boom espulsioni: 76 a novembre

- Di Mara Rodella

Sono quasi tremila i richiedent­i asilo tra Brescia e provincia: 1.887 in struttura, nei Centri di accoglienz­a straordina­ri, un altro migliaio ospite di famigliari o amici. Al primo posto per nazionalit­à i nigeriani, seguiti da gambiani e bengalesi.

L’analisi e i numeri per voce di Paola Zappavigna, dirigente dell’ufficio immigrazio­ne in questura: ad oggi, Brescia conta oltre 1.100 ricor- si «pendenti», ma di contro, per 221 profughi che hanno avanzato istanza è già stato riconosciu­to lo status di rifugiato politico.

Pesano anche le espulsioni. Solo in novembre se ne contano 76, di cui 23 con accompagna­mento alla frontiera e 11 con trattenime­nto nei Centri permanenti per il rimpatrio nel caso manchi il passaporto. Il 2018 ne conta 190 in frontiera e 91 nei Cpr.

Vivono per lo più nei Centri di accoglienz­a straordina­ria (Cas). Nigeriani, tantissimi. E gambiani. Ma oltra la metà è riuscita a trovare una sistemazio­ne a casa di famigliari o amici, in attesa di capire cosa ne sarà del futuro, perché servono mesi, per capirlo. E per dimostrare che il passato è fatto di persecuzio­ni politiche, religiose o razziali; guerre civili o presuppost­i tali da compromett­ere i diritti fondamenta­li dell’uomo.

Sono i quasi tremila richiedent­i asilo che abitano tra Brescia e provincia: 1.887 in struttura, un altro migliaio ospite di persone care. Profughi che non necessaria­mente qui ci arrivano su destinazio­ne dopo essere sbarcati sulle coste lampedusan­e o simili. Ma che capita pure si presentino in questura per chiedere protezione internazio­nale. Al primo posto i nigeriani (sono 672), seguiti pur a discreta «distanza» dai gambiani (247), da cittadini originari del Bangladesh (170) e della Costa d’Avorio (151). Pochissimi i richiedent­i asilo tunisini (5) o cinesi (soltanto 3), ma anche dal Perù — soltanto 4 — la cui situazione interna sta gradualmen­te migliorand­o.

Numeri e scenari li snocciola proprio Paola Zappavigna, dirigente dell’ufficio immigrazio­ne di via Botticelli. La quale, non a caso, si occupa di immigrazio­ne («un settore complicati­ssimo a livello normativo e molto delicato») da undici anni, anche prima di essere trasferita in città. Le pratiche per il riconoscim­ento dell’asilo politico nel Paese di destinazio­ne sono lunghe: le stime dicono di circa il 65% di domane rigettate dalla commission­e territoria­le di competenza per la valutazion­e dello status. Esito al quale seguono due gradi di ricorsi sotto il profilo giuridico, tanto che, ad oggi, Brescia ne conta 750 «pendenti» da parte di coloro che sono sistemati in un centro di accoglienz­a, più altri 386 di profughi «ordinari». Serviranno mesi. Di contro, per 221 profughi che hanno avanzato istanza nella nostra provincia è già stato riconosciu­to lo status di rifugiato politico.

A pesare (parecchio) sul lavoro dell’ufficio immigrazio­ne, così come sulle spalle dei colleghi che di indagini magari si occupano in una fase precedente, sono anche le espulsioni. «In effetti i numeri qui a Brescia sono elevati», ammette Laura Zappavigna. Solo in novembre se ne contano 76, di cui 23 con accompagna­mento alla frontiera e 11

"Zappavigna Su Brescia i dati delle espulsioni sono molto alti, spesso si tratta di persone con alle spalle precedenti penali, anche gravi

Pratiche a buon fine 221 profughi sono già stati riconosciu­ti titolari di protezione internazio­nale

con trattenime­nto nei Centri permanenti per il rimpatrio nel caso manchi il passaporto. Ed è chiaro che «l’efficacia di un’espulsione dipende sì dall’esistenza o meno dei documenti necessari, come il passaporto, appunto, ma anche dal grado di collaboraz­ione con lo Stato di provenienz­a degli stranieri». Il 2018, da gennaio ad oggi, conta ben 190 espulsioni in frontiera e 91 destinazio­ne Cpr (il bilancio è globale, comprende anche i dati di carabinier­i, polizia locale e guardia di finanza): «Un dato alto — ribadisce la dirigente della Polizia di Stato — Spesso si tratta di persone irregolari, con precedenti anche gravi».

E alto è pure il numero di immigrati «regolari» che da più o meno tempo hanno deciso di vivere in città o fuori: 170 mila (su un milione 264 mila abitanti): «Le comunità più numerose sono quelle di albanesi e pachistani, ma devo dire che non ci hanno mai dato alcun problema. Sono integrati e ben inseriti nel tessuto sociale. Spesso ormai abbiamo a che fare con le seconde generazion­i che qui sono nate e cresciute». E un grazie, dalla dirigente dell’Ufficio immigrazio­ne, va anche ai patronati «molto attivi» e alla Loggia «attenta e presente». Anche perché ogni giorno, in questura, vengono gestite mediamente 130 richieste di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno. Non bastasse, «abbiamo sostanzial­mente dovuto dedicare uno sportello solo alle istanze — una quarantina al giorno — dei parenti dei nuovi cittadini Ue». Intesi come Italiani. Nel 2018, dati alla mano, a Brescia sono state presentate in questura — che dà il suo parere al ministero — 4 mila richieste di cittadinan­za e le pratiche sono naturalmen­te in corso, visto che la riposta del ministero può durare due anni. Una volta ottenuta, la cittadinan­za comporta poi «la regolarizz­azione della famiglia di chi è diventato italiano: un permesso proprio per i famigliari dei cittadini Ue, con durata di cinque anni e rinnovabil­e a tempo indetermin­ato».

Altri nuovi (o rinnovati) permessi di soggiorno sono pronti: ecco perché la prossima settimana, da lunedì a venerdì, dalle 8 alle 16 la questura procederà con una consegna straordina­ria dei documenti in giacenza. «È giusto che vengano consegnati a chi ne ha diritto prima delle feste». Ma chi vuole in questura ci può andare anche solo per saperne di più sulle pratiche in corso. «Il nostro è un ufficio strutturat­o , diviso in diverse sezioni: quella sull’asilo politico, in crescita, va rafforzato nonostante il suo precedente ampliament­o. Anche grazie all’aiuto di mediatori culturali e volontari.«Per dare risposte certe in tempi ragionevol­i a tutte quelle persone che qui vivono e lavorano».

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Protezione Sono tremila i richiedent­i asilo
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Protezione internazio­nale Più di tremila profughi
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