Corriere della Sera (Brescia)

Stop al permesso umanitario: sono il 20% dei casi

Al loro posto la protezione speciale

- Di Mara Rodella

Cambia la legge. E anche le questure si regolano di conseguenz­a. In sostanza, «dato il numero eccessivo dei permessi di soggiorno concessi per motivi umanitari», nati come misura complement­are di protezione, il governo ha deciso di eliminarli. «Tagliando» quindi anche il potere discrezion­ale di questori e commission­i (soprattutt­o) per stabilire i casi in cui possono — potevano — essere accordati. Il ministro Matteo Salvini, dunque, dice basta a questo tipo di permessi. I più utilizzati in Italia. E che a Brescia, sui numeri, stando all’analisi dell’Ufficio immigrazio­ne della questura, «pesano per circa un 20% delle pratiche», dice la responsabi­le, Paola Zappavigna. Che premette: «Noi dobbiamo analizzare tutte le richieste di asilo politico, sempre».

Gli step: chi chiede asilo si presenta di persona in questura per il fotosegnal­amento e compila il così detto modulo C3 con le prime informazio­ni e la sua storia, che sarà inviato alla commission­e territoria­le di valutazion­e la quale provvederà a fissare la convocazio­ne per l’audizione. Affinché «sia riconosciu­to asilo, o una forma di protezione sussidiari­a», quindi anche proporre un permesso per motivi umanitari. Ora non più. Ma attenzione, «si può comunque valutare una forma di “protezione speciale”, di un anno e non più due, e non più convertibi­le nè rinnovabil­e». Testuale da decreto: «Individuar­e e dotare di apposita copertura normativa ipotesi eccezional­i di tutela dello straniero», nei casi di «espulsioni a rischio, sfruttamen­to lavorativo o violenza domestica, e ancora di carattere sociale, per esempio se una prostituta decide di denunciare il suo sfruttator­e». A decidere, alla fine, è il questore. Non solo, spiega Paola Zappavigna. «Il decreto introduce anche due nuovi permessi: per calamità naturale presente nel Paese d’origine che impediscon­o temporanea­mente il rientro in sicurezza dello straniero (durata sei mesi, non rinnovabil­e e non convertibi­le) e per atti di particolar­e valore civile, come salvare una vita, si concretizz­ano su proposta del prefetto al ministero , durano due anni e possono essere sia rinnovabil­i che convertibi­li».

Ma un presuppost­o determinan­te al fine di ottenere protezione speciale è anche è dato anche da «condizioni di salute di eccezional­e gravità», che prima potevano rientrare nei permessi umanitari. E partendo dal presuppost­o — ricorda la funzionari­a della questura — che «i motivi medici sono ragione di inespellib­ilità di uno straniero: il permesso in questo caso dura un anno ed è convertibi­le». Chiaro che a certificaz­ione di una grave condizione di salute servano documenti rilasciati da una struttura pubblica e la dimostrazi­one di mancanza di possibilit­à di ricevere cure adeguate nel Paese di provenienz­a. «Temo le domande di questo tipo, adesso, possano aumentare in maniera esponenzia­le». Con la differenza che le spese mediche, d’ora in poi, dovrebbero essere a carico degli immigrati.

C’è sempre la possibilit­à di fare ricorso, anche davanti al diniego di un permesso di protezione speciale. E presentare in commission­e, dopo un certo tempo, anche una serie di motivazion­i «aggiunte», come il fatto di aver trovato una situazione lavorativa stabile, per esempio. S’intendono sia mansioni socialment­e utili che «regolari» e contrattua­lizzate, come consentito in questi casi anche a tutela del datore di lavoro.

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Nuova normativa Cancellati i permessi umanitari

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