Danza e versi, unione sublime
Se come parametro di gradimento, invece dei soliti applausi, spesso di cortesia, si prendesse il silenzio durante lo spettacolo, avremmo un riscontro più oggettivo. Questo per dire che non solo nessuno ha tossito, ma non si è percepito nemmeno l’espirazione soffocata di uno sbadiglio: buon segno, inequivocabile. Pollice all’insù dunque per la prima al Sociale de La tempesta, coproduzione di Aterballetto e Centro Teatrale Bresciano con il sostegno dello Stabile del Veneto in replica stasera (l’immagine qui accanto è una fotografia di scena firmata da Viola Berlanda).
Tra parola e danza c’è uno iato incommensurabile. Esprimere con il corpo la complessità di un linguaggio verbale, questa era la sfida. Un baedeker di sala ha superato la difficoltà, venendo in soccorso sia al cólto pubblico che all’inclita guarnigione, come si suol dire, con informazioni quadro per quadro. L’ultimo play di Shakespeare è stato reso così più aereodinamico e fluido (drammaturgia di Pasquale Plastino).
Bello il prologo in video, che allude alla solita maligna attrezzeria del potere, di forte impatto le sequenze coreografiche di Giuseppe Spota: l’uragano che sbatte sulla spiaggia Prospero e la figlioletta Miranda, il ballo della tribù di Calibano, la sensualità dell’incontro tra Ferdinando e Miranda, la malinconia dell’epilogo in cui i fratelli Prospero e Antonio si riconciliano, il perdono lenisce i furori elisabettiano e si allude all’estremo congedo. Sapienti le scenografie di Giacomo Andrico e affascinante la partitura di Giuliano Sangiorgi con i suoi rimandi etnici.
Compagnia di tecnica sublime e di sostenibile leggerezza.