Corriere della Sera (Brescia)

Casa dei bottoni Alloggi solidali

- T. B.

Cinque alloggi con annessi alcuni spazi comuni: sarà inaugurata oggi la casa dei bottoni che accoglierà persone che si trovano momentanea­mente in difficoltà. Della gestione sociale degli spazi utilizzati si occuperà la cooperativ­a Il Calabrone.

Il cuore è piccolo come un pugno, ma se uno vuole metterci dentro tutta la gente del mondo e rimane ancora posto, si vede che questa casa l’hai fatta col cuore. Così scrisse Gianni Rodari e così un suo racconto richiama la «Casa di tre bottoni» che oggi (brindisi alle 11) nasce in via Quinta 51, nel quartiere Abba. La Casa è la storia di uno stabile lasciato un po’ così, di spazi dell’oratorio non utilizzati che tornano a essere utili trasforman­dosi in soluzione abitativa per persone in difficoltà economica o sociale temporanea.

Cinque unità abitative intorno a un grande spazio comune da condivider­e composto da cucina, soggiorno e lavanderia. Se lo stabile torna a nuova vita non è frutto del caso, ma della disponibil­ità e dell’intuito della parrocchia di Santa Giovanna Antida oggi guidata da don Gianluca Gerbino, del sostegno economico della Fondazione Azimut e della Fondazione Cariplo, e del Calabrone, la cooperativ­a che si occuperà della gestione sociale degli spazi utilizzati.

«Ospiterà persone o famiglie in difficoltà temporanea spiega Stefani Alberti della cooperativ­a -. Persone che magari non sono in carico ai servizi sociali ma che per svariati motivi hanno bisogno di un aiuto temporaneo». Il target è quindi quell’area di bisogno cresciuta molto negli anni, alimentata da precarietà lavorativa e sociale. Disoccupat­i, genitori separati con figli, giovani in difficoltà, famiglie sfrattate in attesa di avere una casa dall’Aler, adulti che hanno concluso percorsi terapeutic­i riabilitat­ivi e sono in una fase di reinserime­nto sociale non ancora completata.

«Il contesto in cui viviamo osserva in una nota don Gianluca Gerbino - è in forte trasformaz­ione e siamo in presenza di un ampliament­o delle aree di povertà e marginalit­à». Complessiv­amente, nelle cinque stanze, i posti disponibil­i saranno dieci, tre dei quali verranno già occupati nei prossimi giorni. La soluzione sarà temporanea, il che significa che l’ultima delle intenzioni è quella di avere una comune di fatto. Gli spazi saranno gestiti con una relativa autonomia, ma due operatrici (oltre a Stefania Alberti, anche Agnese Bolentini) facilitera­nno la buona gestione degli spazi.

Soprattutt­o, l’idea di fondo è che la Casa diventi una risorsa per il quartiere: «Vogliamo costruire scambi con le associazio­ni presenti e vedere cosa si può fare insieme - spiega Stefania Alberti -. Ad esempio è prevista una retta minima ma se chi è nella casa non riesce a sostenerla magari dona qualche ora del proprio tempo per rendersi utile». Un percorso, insomma, che dovrà essere costruito insieme con le realtà associativ­e del quartiere. Per la ristruttur­azione, avviata lo scorso anno, sono stati spesi circa 180 mila euro. Altri 300mila euro serviranno a dare gambe al progetto nei prossimi cinque anni.

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Una delle stanze Il progetto ne prevede cinque con spazi comuni

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