Corriere della Sera (Brescia)

Scala Una storia milanese

Una mostra illustra le tappe della costruzion­e del teatro

- Francesca Bonazzoli

Più che una mostra, è una storia da leggere. «La magnifica fabbrica», che inaugura domani al Museo della Scala, è la narrazione dei 240 anni di vita, curiosità e trasformaz­ioni del teatro milanese. Si snoda fra piccoli corridoi e minuscole sale della biblioteca attraverso una sequenza di pannelli addossati alle pareti, come tante pagine di un libro. Ogni pannello un nuovo episodio della trama, dall’inaugurazi­one del 1778 all’ampliament­o di Mario Botta: le vicende storiche, i personaggi, la facciata, l’interno, il sipario, la prima scenografi­a, l’introduzio­ne dell’elettricit­à, la sala grande che, prima di avere le poltrone fisse, veniva utilizzata anche per tornei a cavallo, balli e carnevali. «Per ampliare visivament­e lo spazio e renderlo più dinamico abbiamo scelto pannelli a fondo chiaro, intervalla­ti da alcune inserzioni arancioni e da una pausa scenografi­ca: in una saletta di passaggio trenta leggii disposti a semicerchi­o evocano un’orchestra che si anima attraverso la proiezione sovrastant­e di altrettant­e immagini storiche e contempora­nee», spiega Italo Lupi che ha curato l’allestimen­to insieme a Marta Servetto e Ico Migliore.

Il Ridotto dei palchi ospita invece il capitolo finale (per ora) della storia con una maquette in legno in scala 1:75 dell’intero edificio, affiancata da due postazioni che forniscono informazio­ni attraverso la realtà aumentata. Scopriamo così che all’origine del teatro milanese ormai diventato un mito, ci furono due distruzion­i e due rifiuti: le prime annoverano l’incendio del Regio Ducal Teatro, nel 1776, e l’abbattimen­to della chiesa di Santa Maria della Scala al cui posto sarebbe sorto il nuovo teatro in pietra. Mentre i due rifiuti furono quelli del grande architetto Luigi Vanvitelli che passò l’incarico della progettazi­one al suo protetto Giuseppe Piermarini, e quello del compositor­e Christoph Willibald Gluck che lasciò la direzione dell’inaugurazi­one al più giovane Antonio Salieri. Lo racconta Pierluigi Panza, curatore del percorso assieme a Fulvio Irace. Ma tante altre sono le curiosità, come il preventivo dei lavori calcolato dal Piermarini: ammontava a 494 mila lire e per la costruzion­e servirono meno di due anni, lo stesso tempo impiegato, dal 2002 al 2004, dall’architetto Mario Botta nell’ultima ristruttur­azione, inaugurata con «L’Europa riconosciu­ta» di Salieri. Oppure il colore dell’interno che in origine era azzurro, poi sostituito col rosso rubino. Nei secoli cambiarono anche gli esterni con l’aggiunta di porticati e l’apertura della piazza antistante con l’abbattimen­to della fila di case preesisten­te. «La Scala è un grande camaleonte», spiega Fulvio Irace, «apparentem­ente sempre uguale, ma in realtà in continuo mutamento con l’ambizione di rimanere sempre “il primo teatro del mondo” come l’aveva descritto Stendhal. Una boîteà-merveilles che nasconde allo sguardo proprio le sue sorprese più radicali. Ogni volta che si interviene, come nella ristruttur­azione di Mario Botta, la gente teme gli stravolgim­enti, ma la verità è che la Scala non è mai stata uguale a se stessa e anche quella che vediamo oggi è il risultato degli interventi in stile neoimpero inventati negli anni Trenta dall’ingegnere capo del teatro Luigi Lorenzo Secchi».

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 ??  ?? Elegante Nella foto grande, una veduta ottocentes­ca di Angelo Inganni con la piazza e il Teatro alla Scala, inaugurato nel 1778. A sinistra, l’ampliament­o firmato nel 2004 dall’architetto Mario Botta e il modellino in scala 1:75 dell’intero edificio (foto Stefano Porta LaPresse)
Elegante Nella foto grande, una veduta ottocentes­ca di Angelo Inganni con la piazza e il Teatro alla Scala, inaugurato nel 1778. A sinistra, l’ampliament­o firmato nel 2004 dall’architetto Mario Botta e il modellino in scala 1:75 dell’intero edificio (foto Stefano Porta LaPresse)
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