Rocca delle meraviglie
A Manerba l’incontro fra la falesia, il lago e la terra forma un ecosistema ricchissimo di rarità botaniche
«Terra e acqua. Qui è simbiosi. Pur appartenendo a una vita autonoma, l’una vive nell’altra. A questa simbiosi attinge l’anima del paesaggio, una scintilla di forza magnetica in cui l’acqua è motore e sigillo di un corto circuito che muove intorno l’intero microcosmo della Riserva naturale».
Roccia e lago, acqua e vegetazione, Garda e falesia solidali nel dettare l’incontro fra le traiettorie di una affollata popolazione di uccelli e gli aliti e i venti che qui si incrociano.
Sono questi gli ingredienti essenziali per entrare nell’anima profonda di uno dei luoghi più belli e pittoreschi del Bresciano, la Rocca di Manerba. A schiuderne il fascino discreto e clamoroso al tempo stesso sono le parole (di Costanza Lunardi) e le fotografie (di Attilio Giorgio Mutti) che compongono il volume «La pietra e l’acqua. Rocca di Manerba. Paesaggi e colori del Garda» (pagine 144, euro 35, Grafo Edizioni). Un grande album da sfogliare, leggere e ammirare.
Costanza Lunardi — botanica militante, poetica narratrice della natura con sintonie streghesche con il mondo vegetale, collaboratrice del Corriere della Sera — sunteggia in brevi capitoli tutta la poesia visiva che si sprigiona dal paesaggio agreste, dai boschi, dai prati aridi, dalla rupe fiorita e dall’acqua che formano il microcosmo naturale della Rocca, non senza averne tratteg- giato con stupore e ammirazione la genesi geologica.
Attilio Giorgio Mutti, che in passato aveva collaborato con il Comune di Manerba per l’allestimento del Museo civico archeologico della Valtenesi, mette a frutto anni di appostamenti, con ogni clima e ogni stagione, che gli consentono di offrire immagini rare ed emozionanti. Si va dai vertiginosi grandangoli che abbracciano la Rocca in ogni situazione, dall’affocato tramonto estivo alla nebbiosa alba invernale, giù giù fino agli zoom affascinanti per chi ama l’avifauna: il nibbio bruno, il codibugnolo, la cinciarella, il pettirosso, il falco pellegrino, il picchio muraiolo, il gabbiano reale, il nibbio, lo sparviere, il rondone maggiore, lo svasso maggiore e il martin pescatore, la garzetta e i cigni reali sono immortalati come autentiche star. Stesso sguardo sulle preziosità della flora spontanea. Scotani, bucaneve e terebinti sono protagonisti accanto alle orchidee selvatiche: la vesparina e l’ofride del Benaco, la cimicina e la scimmia, la screziata e la farfalla, la fior di mosca e la tracce di dama campeggiano in un crescendo cromatico e scultoreo, un trionfo del design vegetale e del dettaglio sorprendente.
Gemello e speculare il cammino di Costanza Lunardi, che addita la «regalità scarnificata» del vecchio olivo, «l’osare acrobatico di arbusti tra le fessure della falesia», il fascino degli ellebori «memori delle bufere glaciali, cuore virgineo nascosto tra foglie coriacee a ventaglio» in un crescendo espressivo che invita a cogliere «la verticalità emozionante del paesaggio», «la geologia primordiale di massi e rocce, che paiono esplose da uno scoppio cosmico per placarsi sulla distesa lacustre» ma anche quella «idea di giardino nella natura» che contraddistingue il Parco della Rocca, e poi le radure che offrono «una vicinanza senza ostacoli con il cielo. Un tepore amico», e ancora il «fiorito ammanto» della flora selvatica e «il variare della sonorità musicale, dei moti e forme della risacca».
Se la Rocca fosse uno spartito musicale sarebbe una sinfonia di Mahler. E questo è un libro per emozionare ed emozionarsi, per riposare la mente e allenare un poco i sensi. Lo sguardo, soprattutto.
Natura Un libro emozionante con testi di Costanza Lunardi e foto di Attilio Giacomo Mutti