Compiti in vacanza, vince il buonsenso
Dopo le dichiarazioni del ministro, professori e genitori sulla stessa lunghezza
Il ministro dell’Istruzione si appresta a diffondere una circolare per chiedere che si riducano i compiti assegnati agli studenti nei periodi di vacanza, per consentire alle famiglie di vivere un momento di relax senza troppe ansie. Genitori e insegnanti in quest’occasione paiono concordi su un punto: i compiti devono essere assegnati, perché si tratta di un allenamento, ma con buonsenso.
Compiti durante le vacanze? No, grazie. Il grido di dolore dei genitori e dei bimbi concentrati sui regali di Santa Lucia è stato raccolto nei giorni scorsi dal ministro dell’Istruzione Marco Bussetti che ha invitato dirigenti e professori a non dare troppi compiti «per regalare a genitori e famiglie un giusto momento di riposo».
La dichiarazione ai giornali, pare, diventerà presto una circolare con tanto di timbro ministeriale. Se prima o dopo le feste non si sa, nel frattempo genitori, docenti e dirigenti bresciani non sembrano particolarmente scossi dall’invito.
Certo, Giovanni, genitore di due figli e professore alle superiori, nella prima veste l’altro ieri non è stato contento di dover dare una mano alla figlia fino alle 10 di sera per aiutarla con i compiti dopo una giornata di lavoro. Nella seconda veste, quella del professore, si chiede invece se la soluzione non stia nel pensare a un anno scolastico più dilatato, magari più spezzettato ma con meno ferie lunghe, come accade in Francia.
Lodovica, insegnante alla primaria, sembra scettica sulle dichiarazioni del ministro: «Una battuta per farsi piacere, nulla più. Nella scuola dove insegno facciamo il tempo pieno e di sicuro diamo pochissimi compiti a casa. Però per alcune cose non puoi farne a meno: l’allenamento alla lettura, ad esempio, non è che te lo risolvi in classe».
Loredana Guccione, dirigente scolastica all’istituto comprensivo Brescia Centro 3, ricorda che la sua è una scuola a tempo pieno: «Il che significa che i compiti a casa sono necessariamente molto ridotti e che quasi tutto viene fatto durante l’orario scolastico». A casa, insomma, c’è ben poco da fare, anche durante la vacanze di Natale o Pasqua. Non solo, l’istituto che dirige ha da tempo una vocazione alla sperimentazione: «Abbiamo un’utenza molto diversificata, studenti stranieri, ragazzi con bisogni speciali, comunità di accoglienza, che si traduce in una attitudine alla didattica laboratoriale: i ragazzi sono chiamati a lavorare in classe e l’impegno richiesto a casa è molto ridotto». Il tema dei compiti a casa, durante le vacanze o durante le attività ordinarie, è tutt’altro che sottovalutato, anzi: «Sono riflessioni che condividiamo nel collegio docenti, abbiamo un gruppo di docenti che si occupa in modo costante di ricerca didattica».
Daria Aimo, docente di Scienza della Formazione e dirigente scolastica all’istituto Canossiane di via Diaz, rileva: «I compiti sono attività per consolidare l’apprendimento e sono necessari. Laddove le vacanze sono corte, come a Natale o Pasqua, non deve esserci sovraccarico, anche perché il rischio è che i più penalizzati siano quelli che hanno maggiori difficoltà. Diverso il discorso per le scuole superiori».
Aimo si richiama al «buon senso», concetto che viene ribadito un po’ da tutti gli intervistati: «I compiti servono, ma devono essere dati con criterio, per permettere di vivere anche i tempi familiari». Che poi ogni tanto ci sia qualche esagerazione, che talvolta ci sia l’insegnante che calca un po’ la mano nessuno lo nega, ma la realtà e la consapevolezza sembrano assai diffusi. Partendo però da un fatto: i compiti, anche a casa, un senso ce l’hanno. Senza farli diventare un momento di frizione familiare. O, peggio, un momento di contrasto tra scuola e famiglie.