Corriere della Sera (Brescia)

«Le consegne a casa sono un allenament­o Non devono creare ansia»

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«Togliamo l’ansia che c’è intorno ai compiti a casa». L’invito a non drammatizz­are il dibattito, a soffermars­i sul fine (l’apprendime­nto) e non lo strumento (i compiti) arriva da Pierpaolo Triani, 53 anni, genitore di due figlie, professore associato di Didattica generale all’Università Cattolica di Brescia.

Professore, il ministro Bussetti vuole che durante le vacanze si facciano meno compiti.

«Ci vuole equilibrio: l’importante è che il compito a casa non sia fine a sé stesso ma abbia una finalità formativa. I compiti, durante l’attività ordinaria, hanno un valore di consolidam­ento e apprendime­nto di quello che si fa in classe, dove sempre più la didattica è attiva e partecipat­iva. I compiti hanno anche un valore di disciplina­mento, di allenament­o all’impegno, all’abilità».

E non si rischia che siano troppi davvero questi compiti?

«Sta ai singoli insegnanti valutare il carico dei compiti. Certo, nelle scuole dove si fa il tempo pieno diventa difficile immaginare impegni aggiuntivi rispetto a quanto viene svolto in classe. Diverso per quelle dove il tempo pieno non c’è e quindi ci sono più ore a disposizio­ne il pomeriggio».

E i compiti durante le vacanze?

«Oggi, non solo in Italia ma in tutti i Paesi occidental­i, i compiti a casa sono diventati un problema di tempi familiari. Il problema è che questi compiti vengono vissuti con troppa ansia. I genitori li vivono come se fossero i loro, non dei figli. In questa ansia, se vogliamo, possiamo anche vedere un aspetto positivo: il successo dei figli a scuola è considerat­o molto più che non in passato ed è diventato un elemento di riconoscib­ilità sociale, per cui se il figlio va bene a scuola significa che sei un bravo genitore. Ma c’è anche un aspetto negativo: il responsabi­le dei compiti è il ragazzo e il processo di responsabi­lizzazione deve andare su di lui, non su altri. Bisogna riflettere su questo, altrimenti finisce che i genitori vanno a scuola due volte: quando l’hanno fatta loro e oggi insieme ai figli».

Col risultato che poi entrano in tensione e chiedono sempre più di tenere separato l’ambito scolastico da quello della vita familiare.

«Certo. le modifiche avvenute cambiano i rapporti familiari. La questione, di fondo, non sono però i compiti ma l’apprendime­nto dei ragazzi. Noi ci soffermiam­o sullo strumento ma dobbiamo guardare il fine. Per questo dico che bisogna togliere un po’ di ansia a questi compiti». ( t.b.)

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