Uccise l’amico e lo seppellì Nessuno sconto in appello
A Lamberto Lombrici 13 anni e 10 mesi per l’omicidio di Guido Bettoni
Ha confessato e ha chiesto anche scusa alla mamma dell’amico, ma i giudici della corte d’assise d’appello non hanno concesso alcuno sconto a Lamberto Lombrici, 43 anni, condannato a 13 anni e 10 mesi per l’omicidio di Guido Bettoni, 37 anni. Lombrici crollò quattro giorni dopo l’omicidio e portò i carabinieri a Ghedi, nella campagna in cui aveva sepolto l’amico. Un omicidio d’impeto, al termine di una lite.
L’ennesima discussione, che «nell’arco della serata è diventata una vera e propria lite per motivi legati allo spaccio: mi accusava di fare la cresta sui guadagni o spenderli alle macchinette e rubargli i clienti». Quella sera «dovevo consegnargli 200 euro». La zuffa. L’alcol e la cocaina. E quel coltello «appoggiato sul tavolo della cucina che Guido ha afferrato». I fendenti. «Ha tentato di afferrarmi al collo» e «mentre eravamo a terra l’ho colpito più volte». Dieci, dirà l’autopsia. Le ferite mortali al collo e allo stomaco. «A un certo punto mi sono reso conto che Guido stava perdendo le forze perché non opponeva più alcun tipo di resistenza. Mi sono alzato velocemente e ho capito fosse morto. In quell’istante sono entrato nel panico più totale». Questo, ovviamente, quanto riferito da lui. Tanto da ripulire in fretta casa (quella della vittima, in via Benacense in città) e tenere nel bagagliaio dell’auto il cadavere dell’«amico» avvolto in un piumone per oltre un giorno (compresa la tappa dalla made, a Moniga del Garda) fino a seppellirlo nelle campagne di Ghedi.
È crollato quattro giorni dopo l’omicidio, Lamberto Lombrici, 43 anni, nella caserma dei carabinieri, prima di portarli nel punto in cui aveva nascosto il cadavere di Guido Bettoni, 37. «Desidero togliermi un peso enorme dalla coscienza. Sono stato io».
A nove mesi dal primo verdetto al termine del processo in abbreviato, dopo circa tre ore di camera di consiglio la Corte d’assise d’appello (presidente Enrico Fischetti) come chiesto dal sostituto procuratore generale Giulia Labia, ha confermato la condanna a 13 anni e 10 mesi — furono esclusi i futili motivi — a carico di Lombrici per l’omicidio e l’occultamento del corpo di Bettoni, ucciso la sera del 28 luglio 2017 a casa sua, al culmine di una lite. Respinta quindi l’istanza del difensore, l’avvocato Giovanni Frattini, per il quale non esistono prove incompatibili con il racconto dell’imputato e che ha chiesto fosse riconosciuto l’eccesso colposo di legittima difesa, o in subordine l’attenuante della provocazione nei suoi confronti, oltre all’estensione delle generiche. Che era in aula alla lettura del dispositivo, consapevole della probabilità che la sentenza di primo grado sarebbe stata confermata. «Dopo aver confessato mi sono sentito meglio. Solo adesso inizio a realizzare la gravità di quello che ho fatto, mi sono rovinato la vita e anche quella dei miei cari. E mi dispiace pensare al dolore che ho arrecato alla mamma di Guido». La signora Lodovica, a cui Lamberto, nel dicembre scorso, scrisse anche una lettera: «So che non si può tornare indietro. Sono pentito e pieno di rimorsi: la colpa è mia. Chiedo perdono per quello che ho fatto». Che ieri era in aula, costituita parte civile insieme alla figlia Margherita. Conosceva il killer di suo figlio, gli aveva aperto la porta di casa. E più volte Guido gli aveva dato una mano nei momenti di difficoltà. Fino a quando il loro rapporto non avrebbe iniziato a diventare «di affari», per un giro di marijuana, ma «ultimamente Guido mi aveva detto che non ero più indispensabile e che a breve avremmo chiuso i nostri rapporti. Mi stavo guardando intorno per trovare alternative lecite». Ma non è andata così.