Arrivabene parla della sua Ferrari Guido 1300 uomini mi sfogo in dialetto
Ai piani alti della Rossa più amata d’Italia, anzi del mondo, ci sono due bresciano doc: il team principal Maurizio Arrivabene e il capo ingegnere scelto da Vettel, Riccardo Adami. Ieri i due sono stati invitati dall’azienda Secoval al «Perlasca» di Idro dove hanno raccontato la loro vita.
Dal muretto di pit lane al polivalente di Idro per raccontare il dietro le quinte delle gare di Formula 1. Per una volta si accantonano telemetrie ed elettronica per rivelare l’anima della Ferrari e dei suoi uomini. Maurizio Arrivabene, team principal della Rossa, e Riccardo Adami, race engineer di Sebastian Vettel, entrambi bresciani, respirano aria di casa in Valsabbia — ospiti della Secoval — e parlano a cuore aperto dell’ultima stagione. Segnata dall’incidente al meccanico, pure bresciano, Francesco Cigarini (investito in un pit stop da Raikkonen ad aprile e rientrato al lavoro la scorsa settimana), dalla morte di Sergio Marchionne e dal titolo mondiale sfumato sul filo di lana. «Ma l’anno prossimo vediamo», sottolinea
Progetti per il 2019 «Il titolo? Vediamo. Abbiamo lavorato sulla capacità del serbatoio e sull’aerodinamica
con fermezza granitica Arrivabene. Vita dura, 200 giorni all’anno lontani dalla famiglia – «Passo più tempo con Sebastian, che mi dà anche i compiti a casa, che con mia moglie», dice ridendo Adami — ma a rombare è innanzitutto la passione. E poi, secondo Arrivabene, «bisogna saper abdicare al proprio ruolo aziendale per confrontarsi con collaboratori che hanno professionalità e preparazioni diverse».
La gestione sportiva della Ferrari conta 1.300 addetti, tra i quali un centinaio di ingegneri in grado di scrivere un software in meno di 24 ore. «Sono come musicisti, disegnano uno spartito che diventa il sound del nostro motore», spiega ancora il team principal. Velocità nel lavoro, non solo in pista, ma anche capacità di controllo dello stress. «I dieci passi dal box al muretto, prima della gara, sono