Via Corelli, stop all’accoglienza. Ora ospiterà gli espulsi
Trasferiti dal centro i richiedenti asilo. Majorino: meglio riconvertirlo per le famiglie sfrattate
È durata quattro anni la parentesi «umanitaria» di via Corelli. Dopo l’annuncio del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il centro d’accoglienza straordinario ha ufficialmente chiuso i battenti ieri. Con il nuovo anno la struttura all’estrema periferia Est ritornerà alla missione originaria: sarà il nuovo centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) della Lombardia, diventando il punto di raccolta regionale dei migranti destinati all’espulsione.
Gli oltre 350 richiedenti asilo ospitati finora sono stati trasferiti e ridistribuiti in altri centri, «in un contesto di progressiva riduzione dei numeri dell’accoglienza iniziata nell’estate del 2017», precisa in una nota la prefettura: «Su un totale di 358 ospiti, 134 hanno trovato accoglienza nei centri del territorio metropolitano (di cui 49 a Milano), 159 nelle altre province lombarde, 65 fuori regione. Tutti sono stati inseriti nei posti disponibili in strutture già attive». Il crollo nel numero degli arrivi registrato nell’ultimo anno ha contribuito a rendere più agevole la pratica, permettendo di «tenere conto — segnalano sempre da corso Monforte — dei percorsi individuali di integrazione avviati sul territorio». Se il 31 luglio 2017 in provincia erano presenti 6.425 migranti accolti, di cui 4.632 a Milano, oggi il numero si è dimezzato a 3.957, di cui 2.460 nel capoluogo.
È soddisfatto l’assessore regionale alla Sicurezza, Riccardo De Corato: «La trasformazione del centro è positiva — assicura — perché così, finalmente, avremo un centro per le espulsioni in Lombardia e a Milano, aree dove si registrano un altissimo numero di domande d’asilo respinto e quindi di migranti che non hanno più titolo per restare». La pensa diversamente Pierfrancesco Majorino. «Il ministro dell’Interno ha deciso di aprire il nuovo Cpr in via Corelli perché i sindaci leghisti non lo vogliono nei loro Comuni e a Salvini piace Milano accogliente quando conviene a lui», attacca l’assessore al Welfare di Palazzo Marino, che preferirebbe una riconversione del centro in luogo per «l’accoglienza delle famiglie che si trovano in una situazione di emergenza abitativa e non per far arrivare nuovi migranti in una città che per tanti anni ha fatto la sua parte».
Nata come centro d’identificazione ed espulsione (Cie), la struttura era stato chiusa nel 2014, dopo una serie di rivolte dei «detenuti» in attesa del rimpatrio che devastarono in più riprese le camerate. È in quel periodo che viene riconvertita in Cas, per aiutare la città che si trovava di fronte al momento più critico dell’allora emergenza Siria.
Le reazioni Soddisfatto De Corato Palazzo Marino: qui il Cpr perché le città di destra non lo vogliono