Corriere della Sera (Brescia)

LA GIOCATA PIÙ IMPORTANTE

- Di Carlos Passerini

Non sta ancora «scritto in bianco sul cielo blu», come dice il ritornello dell’inno più amato da quelli che il Brescia lo tifano dai tempi di Gritti o giù di lì, ma che questa squadra sia candidata in maniera serissima alla serie A adesso l’hanno capito anche i sassi. Mancano ancora tre mesi e 15 partite, molte, troppe, ed è noto che il calcio non consenta certezze di questo genere, ma l’impression­e è che oggi l’unico avversario del Brescia sia il Brescia stesso. Rispetto alla concorrenz­a esiste una superiorit­à netta, indiscutib­ile, tanto tecnica quanto ambientale. Donnarumma, Tonali, la crisi societaria del Palermo, quella tecnica del Verona, la bellezza leggera del Lecce, il torneo a 19 per il quale Cellino si è astutament­e battuto: tutto che soffia dalla parte giusta, dentro e fuori. C’è il senso chiaro dell’impresa, della corsa ideale, dell’allungo consapevol­e. E l’ordalìa di Pescara è stata un crocevia, un segnale impossibil­e da non cogliere, al netto di una concentraz­ione che va mantenuta per evitare di sciupare tutto. Non si vince così, là, se non c’è qualcosa di speciale. Siamo di fronte a una delle versioni migliori del Brescia di sempre. Bello, vincente, giovane, entusiasta. Ma soprattutt­o con un futuro, un futuro vero. Quel futuro che il Brescia non ha mai avuto, condannato da sempre a vivere alla giornata, stagione dopo stagione, anno dopo anno, scommessa dopo scommessa, come ai tempi di Corioni, che pure ci ha messo il cuore. Corini e la squadra la loro parte la stanno facendo. Cellino anche. I suoi detrattori, sempre meno, sostengono che il Brescia sia per lui solo un business. In fondo però non ha mai detto il contrario, è sempre stato chiaro, schietto. Oggi il calcio questo è, l’epoca degli industrial­i innamorati è finita, guardiamo Milano e facciamoce­ne una ragione. Vero che Cellino potrebbe provare a migliorare l’empatia con l’ambiente, ma è innegabile che fin qui abbia investito nella società come nemmeno i più ottimisti potevano immaginare. Ora però occorre una giocata importante anche da parte del sistema Brescia, vale a dire città, politica, tessuto imprendito­riale, Cellino stesso. Perché il Rigamonti è una vergogna, una cicatrice, un peso insostenib­ile. In A così non ci si può andare. Sennò sarà stato tutto inutile.

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