Corriere della Sera (Brescia)

«Ci guardavano come fossimo alieni Ora Eluana non sarebbe in trappola»

Dieci anni fa, a Udine, la morte della giovane lecchese in stato vegetativo dal 1992 «Di sospension­e delle cure non si poteva parlare, ora 3 italiani su 4 sono favorevoli»

- Di Barbara Gerosa

La telefonata alle 20.10 del 9 febbraio 2009. Eluana è morta. La voce del primario di rianimazio­ne della clinica «La Quiete» di Udine è ferma e composta mentre spiega a Beppino Englaro, che la figlia, da 17 anni in stato vegetativo permanente, ha smesso di respirare. Tre giorni prima la sospension­e di alimentazi­one e idratazion­e artificial­e, dopo undici processi, quindici sentenze della magistratu­ra italiana e della Corte europea e l’ultimo tentativo dell’allora governo in carica di far approvare un decreto urgente che bloccasse la sentenza della Corte d’Appello di Milano. Dieci anni fa moriva Eluana Englaro, lecchese, vittima di un terribile incidente stradale nel gennaio del 1992 quando aveva solo 21 anni, al centro dell’aspra battaglia giudiziari­a portata avanti dal padre perché venissero sospese le cure considerat­e dai famigliari accaniment­o terapeutic­o. «Considerat­e da Eluana accaniment­o terapeutic­o», ribadisce ancora una volta con forza papà Beppino. Volto smagrito, ma negli occhi lo sguardo combattivo di sempre. Per lui questi sono giorni difficili, ma non si sottrae alle domande e ai ricordi.

Cosa è cambiato in questi dieci anni?

«Molto. Oggi l’Eluana di turno non sarebbe più in trappola, ma vedrebbe esaudito il proprio diritto all’autodeterm­inazione. Leggi, commenta e condividi l’intervista a Beppino Englaro su Lo dicono le sentenze della Cassazione e del Consiglio di Stato, oltre alla legge 219, approvata all’inizio dello scorso anno che regolament­a la disposizio­ne anticipata del trattament­o di fine vita. Con il biotestame­nto ognuno può decidere ed essere certo che la sua scelta venga rispettata».

Hai mai pensato che Eluana avrebbe anche potuto cambiare idea?

«C’è una lettera del Natale 1991 nella quale mia figlia scrive a me e alla mamma: noi tre formiamo un nucleo molto forte, basato sul rispetto e l’aiuto reciproco, vivo in una famiglia salda, calda e affettuosa, sulla quale potrò sempre contare. E questo noi abbiamo fatto. Consentirl­e di contare su di noi. Sapeva cosa fosse lo stato vegetativo permanente, il buio in cui era piombato il suo amico Alessandro, ed era stata chiara: mai avrebbe voluto essere vittima di quella non-vita».

Forse anche grazie al dibattito sollevato dalla sua battaglia giudiziari­a è cambiata la sensibilit­à verso questi temi.

«Quando io e mia moglie abbiamo iniziato a lottare perché nostra figlia fosse lasciata libera, ci guardavano come alieni. Non erano argomenti di cui si poteva parlare. Per anni nessuno ha ascoltato la nostra richiesta di aiuto. Oggi invece tre italiani su quattro sono favorevoli all’eutanasia».

Lei però non ha portato sua figlia in Svizzera. Cosa ne pensa della vicenda di Dj Fabo?

«Il suicidio assistito e l’accaniment­o terapeutic­o sono due cose molto diverse. Io per Eluana rivendicav­o un diritto fondamenta­le sancito dalla Costituzio­ne. Non avevo bisogno di penosi sotterfugi. L’eutanasia invece in Italia al momento è ancora un reato. Non entro nel merito della scelta di Dj Fabo, ma la battaglia di Marco Cappato ha un senso e ogni nazione civile deve affrontare questo tema».

Nelle settimane che hanno preceduto la morte di Eluana, Regione Lombardia, presidente era Roberto Formigoni, ha negato la struttura dove potesse essere messa in atto la sospension­e dei trattament­i, come disposto da una sentenza. Per questo ha portato sua figlia a Udine e molti hanno ancora negli occhi le immagini della folla che cerca di bloccare l’ambulanza mentre esce dalla casa di cura di Lecco dove era stata assistita per 17 anni. In seguito la Regione è stata condannata a risarcirle 164.000 euro.

«Soldi che non sono rimasti nelle mie tasche».

Eugenia Roccella, dieci anni fa sottosegre­tario alla Salute, parlando della legge sul biotestame­nto ha detto che ha introdotto l’eutanasia all’italiana. Lei è stato accusato di aver fatto morire sua figlia di sete e di fame.

«Alla Roccella dico che parlano le sentenze. Li si trova la risposta e non ha niente a che vedere con l’eutanasia».

Cosa ricorda di Eluana, la prima immagine che le viene in mente?

«Il suo sorriso. Lo splendore. La luce che l’avvolgeva. Eluana non avrebbe mai concepito che altri potessero disporre della sua vita, come è stato per 6.233 giorni».

«Se dovessi vincere questa battaglia uscirei dall’inferno e rientrerei nella normalità». Sono le sue parole. Ha trovato la normalità?

«Sì, perché la normalità significa non vedere più la persona che ami di più al mondo in condizioni estranee al suo modo di concepire l’esistenza. La morte fa parte della vita. Lo stato vegetativo, secondo Eluana, no».

Tornare alla normalità significa non vedere la persona che ami di più al mondo in condizioni estranee al suo modo di concepire l’esistenza

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Il padre● Beppino Englaro(foto sotto) è il padre di Eluana: «Ricordo il suo sorriso — racconta — Lo splendore. La luce che l’avvolgeva. Eluana non avrebbe mai concepito che altri potessero disporre della sua vita, come è stato per 6.233 giorni» ● «Mia figlia sapeva cosa fosse lo stato vegetativo permanente, il buio in cui era piombato un suo amico, ed era stata chiara: mai avrebbe voluto essere vittima di quella non-vita»
 ??  ?? La storiaDiec­i anni fa moriva Eluana Englaro, lecchese, vittima di un terribile incidente stradale nel gennaio del 1992 quando aveva solo 21 anni. Eluana è stata al centro dell’aspra battaglia giudiziari­a portata avanti dal padre Beppino — undici processi, quindici sentenze della magistratu­ra italiana e della Corte europea — perché venissero sospese le cure considerat­e dai familiari accaniment­o terapeutic­o. Eluana è morta il 9 febbraio 2009 nella clinica «La Quiete» di Udine: tre giorni prima i medici avevano interrotto alimentazi­one e idratazion­e artificial­e
La storiaDiec­i anni fa moriva Eluana Englaro, lecchese, vittima di un terribile incidente stradale nel gennaio del 1992 quando aveva solo 21 anni. Eluana è stata al centro dell’aspra battaglia giudiziari­a portata avanti dal padre Beppino — undici processi, quindici sentenze della magistratu­ra italiana e della Corte europea — perché venissero sospese le cure considerat­e dai familiari accaniment­o terapeutic­o. Eluana è morta il 9 febbraio 2009 nella clinica «La Quiete» di Udine: tre giorni prima i medici avevano interrotto alimentazi­one e idratazion­e artificial­e

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