Carabinieri travestiti da studenti per il blitz sullo scuolabus
Busto Arsizio, preso un 70enne: molestava le ragazzine. «Le vittime abbiano il coraggio di denunciare»
VARESE Il mimetismo è arte militare rubata alla natura, e difatti è questo lo stratagemma utilizzato dai carabinieri per inchiodare un datato «sporcaccione» a caccia di ragazzine sull’autobus.
È successo qualche giorno fa a Busto Arsizio (Varese). Una studentessa di quindici anni ha raccontato ai genitori quanto accaduto durante il tragitto di ritorno da scuola sui mezzi pubblici. C’era quell’uomo di una certa età che le si era seduto affianco per poi cominciare le moine fatte di palpeggiamenti sempre più intensi e indirizzati verso le parti intime.
Tornata a casa la giovane non ha avuto dubbi e si è fatta accompagnare in caserma per denunciare le pesanti molestie: «Mi ha toccata sull’autobus»
Il maggiore Marco D’Aleo a capo della compagnia di Busto Arsizio ha pensato subito a quel gruppo di carabinieri neo arruolati, molto giovani, arrivati da poco al comando provinciale e smistati in tutto il Varesotto, e che per l’occasione sono stati schierati in borghese e con una divisa speciale: jeans strappati e zaino, sneakers, cappellino e auricolari. I «ragazzi» si sono finti studenti delle scuole superiori e così vestiti hanno teso la trappola.
Difatti, saliti sull’autobus della linea urbana numero 2 hanno cominciato a osservare i movimenti dell’anziano, che pian piano si avvicinava ad un gruppo di giovanissime per cominciare le molestie.
L’uomo, immediatamente bloccato, è stato accompagnato in caserma e identificato: è un settantenne originario di Gela residente in città con due precedenti penali per atti di libidine su minori avvenuti in provincia di Varese; è stato denunciato a piede libero per violenza sessuale su minore. Un fatto grave, ma che secondo i militari potrebbe non essere isolato: «In molti casi le vittime preferiscono non parlare per la vergogna». Un atteggiamento che viene confermato dai centri anti violenza attivi in città, come Eva Onlus, duecento casi trattati nel 2018, e non solo legati alla violenza di genere ma appunto alle molestie, con vittime giovanissime.
«Se non affrontati nell’immediato questi episodi si trasformano in grandi traumi che accompagnano una donna per l’intera vita», spiega Cinzia Di Pilla, assistente sociale e responsabile della struttura: «Fondamentale risulta il ruolo della famiglia. Il problema esiste laddove ci sono genitori che tendono a coprire il fatto, a non parlarne e a non denunciare per vergogna».
L’associazione ha seguito diverse famiglie con minori oggetto di molestie sessuali avvenute in luoghi pubblici. «Per questo andiamo spesso nelle scuole — conclude l’esperta —. Solo ieri c’è stato un incontro su questo tema proprio al liceo classico di Busto Arsizio con poliziotti e magistrati che hanno spiegato ai giovani come comportarsi di fronte a casi come questi».
L’operazione
I militari tra gli adolescenti in jeans strappati e zaino, sneakers, cappellino e auricolari