Corriere della Sera (Brescia)

Brescia è giovane e sorprende l’Italia

Cala l’indice di fecondità dei bresciani, ma rimane ancora sopra la media nazionale

- di Thomas Bendinelli

Brescia è in controtend­enza rispetto al resto del Paese: la popolazion­e aumenta (1.263 mila abitanti), grazie soprattutt­o al traino della città che ha superato i 200 mila residenti. Ma la singolarit­à sta, soprattutt­o, nell’età di chi sceglie di vivere a Brescia: sono i giovani che decidono di stabilirsi all’ombra del Cidneo. Brescia sempre più giovane, diminuisco­no gli over 65enni.

Più morti che nati ma un territorio ancora in grado di attirare immigrati, italiani e stranieri, e quindi una popolazion­e in crescita. La fotografia della provincia bresciana attraverso gli indicatori demografic­i diffusi ieri dall’Istat segue a grandi linee le tendenze generali ma è proprio sulla popolazion­e che il segnale è invece inverso. A livello nazionale la popolazion­e complessiv­a è diminuita (60 milioni 391 mila residenti, 90 mila in meno rispetto allo scorso anno), in provincia di Brescia è aumentata: 1 milione 263 mila abitanti circa (a fine settembre), contro il milione 262 mila dell’anno precedente.

Una crescita, come anche osservato proprio la scorsa settimana dall’ufficio statistica comunale, determinat­a esclusivam­ente dal capoluogo, con tanto di simbolico superament­o dei 200 mila abitanti. Per il resto Brescia si differenzi­a rispetto al resto della Lombardia e dell’Italia soprattutt­o grazie alla forte presenza di immigrati, cresciuti di numero in maniera significat­iva in passato ma oramai stabili da circa sette o otto anni. Tale aspetto ha portato negli anni ad avere più nati, tassi di fecondità più elevati, una struttura diversa della popolazion­e, ad avere insomma una popolazion­e più giovane e più attiva. Gli effetti lunghi del fenomeno sono visibili ancora oggi, nell’osservare ad esempio che gli under 14 sono oltre un punto percentual­e in più rispetto alle media nazionale. Non è poco l’1%: sulla popolazion­e bresciana significa avere 13mila ragazzini in più. O, in città, averne duemila in più. Al contrario avere meno ultra sessantaci­nquenni, anche in questo caso nell’ordine dell’1,3%, significa avere 16mila anziani in meno. Il tutto si traduce in più scuole e meno case di risposo o servizi di assistenza, in una società più sostenibil­e per certi versi.

L’indice di dipendenza struttural­e, il rapporto che mette a confronto under 14 e over 65 con la popolazion­e potenzialm­ente attiva, risulta un po’ meno squilibrat­o. Tali aspetti, con il consolidam­ento della popolazion­e immigrata, stanno però rapidament­e riallinean­do la situazione bresciana con quella nazionale. Per dare un’idea, dieci anni fa in provincia di Brescia il tasso di fecondità (il numero medio di figli per donna in età feconda) era di 1,70 rispetto all’1,45 nazionale. Ogni quattro donne un bimbo in più. Oggi questa differenza si è assottigli­ata parecchio (1,41 a Brescia contro 1,32), cioè un bimbo in più ogni undici donne in età feconda, quasi il triplo rispetto solo a un decennio fa. In dieci anni a Brescia l’età media al parto è cresciuta di oltre un anno, in Italia di otto mesi circa. Nel giro di pochi anni, se le tendenze continuera­nno a essere come quelle attuali, è facile immaginare che ci sarà un ulteriore avviciname­nto tra il contesto bresciano e quello nazionale. Una popolazion­e più vecchia e con aspettativ­e di vita sempre più lunghe. Lo scorso anno (dato lombardo), la speranza di vita alla nascita dei maschi è arrivata a 81,3 anni per gli uomini e a 85,7 per le donne, in entrambi i casi circa mezzo anno in più rispetto alla media nazionale.

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Brescia Ha superato i 200 mila abitanti

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