Sogni, visioni, incubi Ecco il Surrealismo nella variante svizzera
A soli ottanta chilometri dal capoluogo lombardo, il Lac di Lugano, il nuovo centro policulturale che ospita anche il Museo d’arte della Svizzera italiana, si è ormai posizionato come competitor del nostro Palazzo Reale grazie ad una programmazione di mostre di grande qualità e attrattività. Appena calato il sipario sulla retrospettiva dedicata a Magritte, da stasera (vernice alle ore 18) il Lac rilancia il tema del Surrealismo, scegliendo di approfondire l’influenza esercitata dal movimento francese sulla produzione artistica elvetica e, per contro, il contributo fornito dagli artisti svizzeri alla sua fortuna. Un centinaio di opere introducono i singoli protagonisti a partire dai precursori Hans Arp e Paul Klee, passando per i membri effettivi del movimento come Alberto Giacometti, Serge Brignoni, Gérard Vulliamy, Kurt Seligmann e Meret Oppenheim, e concludendo con i portavoce della nuova arte in Svizzera: Otto Abt, Max von Moos, Walter Moeschlin, Werner Schaad, Otto Tschumi, Walter Kurt Wiemken.
«Esiste un Surrealismo svizzero?» si sono chiesti i curatori Tobia Bezzola e Francesca Benini, secondo cui il movimento nato a Parigi a metà degli anni Venti ha effettivamente avuto uno sviluppo originale nella Confederazione dove rappresentò un’alternativa al clima conservatore degli anni Trenta segnato dalla crisi economica e dall’esaltazione di valori ideologici di stabilità, tradizione e patriottismo. L’avanguardia surrealista produsse invece un catalogo molto vario di sogni, visioni e immagini dell’inconscio, senza regole formali perché, come affermava Walter Moeschlin, «Osservando l’incredibile molteplicità della natura sarebbe una bestemmia pensare che la giungla dell’animo umano le sia inferiore in ricchezza».