I baffi lungimiranti di Luciano Spiazzi
Portava i baffi ispidi e voluminosi come quelli di Robert Walser, lo scrittore elvetico che scrisse testi di letteratura quasi perfetta. Luciano Spiazzi si occupava di arte e di insegnamento. In città lo hanno ricordato con una mostra e un prezioso volume che raccoglie molte delle sue recensioni. Colui che scrive, nel parlare degli altri, dice sempre qualcosa di sé. Spiazzi rivela, nel recensire trent’anni di arte figurativa bresciana, la sua intima umanità. Fu un uomo incline alla mitezza. Non conosceva l’idea della stroncatura. L’occhio va educato a guardare aldilà dei gusti personali, diceva. Camminava con una postura sghemba per una lesione agli arti, e con un cappellaccio a prova d’artista. Possedeva il dono di una naturale empatia che non è solo il colloquio naturale con chi sta di fronte, ma anche, nel suo significato originale, l’immedesimazione con l’opera d’arte e la sua immediata comprensione estetica. Scriveva per farsi capire. Aveva un pubblico fedele. Non assaporò la vecchiaia. Morì nel 1988, a 58 anni. Ha avuto il destino dei buoni maestri. Vivere come un personaggio laterale della città, ma restare, per sempre, una memoria esemplare. Qualche volta non c’è bisogno di essere vivi per vivere.