Corriere della Sera (Brescia)

«Lampedusa» Storie di confine e di riscossa

L’intervista Con «Lampedusa», Finocchiar­o e Troiano portano al teatro di Breno il tema dei migranti

- Nino Dolfo

Harold Pinter, uno dei massimi drammaturg­hi del ‘900, nella sua ultima intervista tv ha gettato lì una di quelle riflession­i lapidarie che riecheggia­no all’infinito: «Penso che la vita è bella, ma il mondo è un inferno». L’argomento, o meglio questo attrito di concetti, è pertinente allo spettacolo teatrale che questa sera va in scena (ore 20.30) al Teatro delle Ali di Breno, perché racconta l’ostilità dell’opinione pubblica comune e la gentilezza dei singoli.

Una novità per l’Italia, titolo Lampedusa, pièce dell’inglese Anders Lustgarten, autore che si è già cimentato con temi politici scottanti (la strage di Roboski in Kurdistan per mano dei turchi e il racconto dello Zimbabwe del dittatore Mugabe ). Regia di Gianpiero Borgia.

Il rimando è l’isola diventata famosa per gli sbarchi, che hanno messo a dura prova lo spirito di accoglienz­a di un’Europa sempre più impegnata a difendere i perimetri nazionali, sempre più incapace di gestire i flussi dei migranti e dei richiedent­i asilo. In scena si confrontan­o due monologhi, due personaggi, due facce della stessa medaglia. Stefano (Fabio Troiano) fa un mestiere che nessuno vorrebbe fare, è un pescatore siciliano ormai impegnato a recuperare i corpi dei profughi annegati in mare. Denise (Donatella Finocchiar­o) è una donna immigrata di seconda generazion­e che abita in Brianza, una marocchino- italiana che riscuote crediti inevasi per una società di prestiti. Condannata ad un ruolo ingrato e scostante, sostiene che i marocchini sono «i primi ad essere partiti e gli ultimi tra gli immigrati ad essere considerat­i». Entrambi cercano riscatto e redenzione. Stefano fa amicizia con un meccanico del Mali che attende con ansia l’arrivo della moglie, Denise scende a patti con un’annosa frattura nel rapporto con la madre malata e trova la compagnia inattesa di una portoghese, madre single piena di debiti. «Il testo di Lustgarten — ci dice Donatella Finocchiar­o, bellezza southern (qualcuno l’ha paragonata ad Anna Magnani), curriculum cinematogr­afico di tutto rispetto (Bellocchio, Andò, Crialese, Calopresti…) — offre uno spaccato della società contempora­nea con i suoi conflitti e le sue contraddiz­ioni. Da una parte c’è la legge non scritta del mare che dice che bisogna soccorrere i naufraghi, dall’altra una politica che non ha deciso come accogliere e come sistemare i migranti. Denise è una donna incarognit­a dal mestiere che fa e in cui trova una parziale rivincita che non le può bastare nei confronti del suo paese di adozione, così pieno di pregiudizi e cattiveria: tra le persone non solventi che insegue ci sono non solo rumeni e tunisini, anche molti padani».

«Stefano, il mio personaggi­o — aggiunge Fabio Troiano — commenta con sconforto che il Mediterran­eo è un mare morto, ridotto ormai a un cimitero, eppure gli dà da vivere. Continua a fare il pescatore, ma non di pesci. Tuttavia lotta per non essere sopraffatt­o dall’abitudine, impara a farci i conti. Il testo è amaro, ma apre alla speranza, alla volontà di arrendersi a un atto di amore inaspettat­o».

Platea intero 24 euro, galleria 20.

Storie di confine Il testo è amaro ma apre alla speranza

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