Corriere della Sera (Brescia)

La domenica speciale di Astutillo Malgioglio

- Paolo Tomaselli

Astutillo Malgioglio para ancora qualche pallone. Del resto nonostante i suoi 61 anni e vari acciacchi non ha un capello bianco e non è certo il tipo che si tinge la chioma. Il «miglior portiere del secolo» per i tifosi del Brescia, numero uno della Lazio e del Bologna, dell’Atalanta, dodicesimo nei secoli fedele all’Inter dei record targata Trap, è bene allenato perché è sempre in campo per gli altri. Tutti i giorni, da oltre 40 anni. E almeno una volta all’anno si mette tra i pali a Pompiano, dove domenica si sono ritrovati i suoi amici per dare un aiuto concreto a «Era77», l’associazio­ne che Malgioglio ha fondato nel pieno della sua carriera agonistica per aiutare i disabili, con un occhio di riguardo ai bambini.

La partitella del mattino con alcuni di questi ragazzi che si riscoprono bomber, uno spiedo per centocinqu­anta persone nella sede degli alpini di Pompiano, un’asta benefica con le maglie dei calciatori, dalla Juventus al Brescia, ovviamente. Tutto molto semplice, ma tutto molto profondo. Come il lavoro di Astutillo, il segno che lascia nelle persone che incontra, nei malati e nelle loro famiglie. L’ex portiere coi baffi, che tiene ancora rigorosame­nte, è di Piacenza e presta la sua opera principalm­ente tra la sua provincia e quella di Cremona. Eppure il cuore del suo mondo batte forte nella bassa bresciana, grazie ad amicizie che hanno messo radici. Non è questione di campanile, ci mancherebb­e, ma è bello pensare che l’aiuto a una persona che fa tanto per aiutare gli altri arrivi soprattutt­o da questa terra, che ne ha riconosciu­to le doti non solo sportive.

Una terra in cui il valore del «fare» è ancora davanti a tutto. In cui si fanno andare le mani, letteralme­nte. Come ha sempre fatto Malgioglio, che prima le infilava nel fango del dio pallone per parare e poi ha continuato a sporcarsel­e, seguendo una missione, più che un lavoro. Ma come fanno anche i suoi amici bresciani: mani che accarezzan­o bambini con problemi gravissimi, mani che servono ai tavoli, mani che risolvono problemi. Sempre accompagna­te dal sorriso. Non quello artificial­e di chi fa finta che vada tutto bene, ma il sorriso rappacific­ato di chi ha ben chiaro quali sono i valori veri della vita e la loro gerarchia.

Che questo seme sia cresciuto in un campo da calcio sembra quasi un miracolo, perché anche se ci sono tanti bravi ragazzi in quell’ambiente, il pallone rotola sempre più veloce delle idee e delle buone intenzioni. Astutillo quel pallone lo ha fermato, lo ha soppesato, lo ha fatto diventare qualcosa di completame­nte diverso. Anche se è lo stesso che rotola felicement­e tra i piedi dei suoi ragazzi.

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