Corriere della Sera (Brescia)

Un miracolo «politico»

Il nuovo libro sui patroni rilegge gli eventi del 1438 L’intervento di Faustino e Giovita contro i milanesi «sacralizzò» la fedeltà di Brescia verso la Serenissim­a

- Massimo Tedeschi

Santi patroni, ma soprattutt­o santi patrioti. Strana ma non singolare parabola quella di Faustino e Giovita, venerati per la loro incrollabi­le fede cristiana — a cui erano stati avviati da un altro santo protettore di Brescia, Apollonio — che li portò a sopportare inenarrabi­li tormenti pur di non abiurare di fronte all’imperatore Adriano (non ancora canonizzat­o da Marguerite Yourcenar).

Il loro ruolo e la loro immagine è diventata strada facendo sempre più bellicosa e guerresca, fino alla fatidica notte del 13 dicembre 1438 quando un magma luminoso sotto forma di duplice guerriero si oppose ai colpi di bombarda dei milanesi guidati dal Piccinino, fiaccandon­e il morale e inducendo i meneghini a togliere l’assedio a Brescia che durava da mesi.

Già, ma fu vero miracolo? La disputa, dal secolo dei lumi in poi, ha appassiona­to gli storici e promette di riaccender­si con il nuovo libro curato da Nicolangel­o D’Acunto per Morcellian­a: «Anatomia di un miracolo. I santi Faustino e Giovita all’assedio di Brescia (13 dicembre 1438)» che riunisce gli atti del convegno organizzat­o dall’Università Cattolica due anni fa nell’ambito delle celebrazio­ni promosse dalla Confratern­ita intitolata ai due patroni della città.

Martirizza­ti nel II secolo, il presbitero (Faustino) e il diacono (Giovita) iniziarono a essere oggetto di culto fra il V e il VI secolo , ma solo nel IX secolo — con la creazione del monastero loro intitolato e la traslazion­e dei resti — la devozione popolare ebbe un autentico revival facendo assumere loro «una più marcata valenza identitari­a, civica, capace di interpreta­re e rappresent­are l’intera comunità cittadina» come ricorda Angelo Baronio.

Strumento di lotte politiche ed ecclesiast­iche, Faustino e Giovita assumono via via la connotazio­ne di santi patrioti prima ancora dell’assedio del 1438. Lo ricorda il saggio di Guido Cariboni: così come il padre della Chiesa Ambrogio, a Milano, comincia a venire raffigurat­o con un flagello in mano per scacciare gli avversari della città, così Faustino e Giovita smettono gli abiti liturgici in favore di elmi e corazze secondo il modello comune in area germanica degli Schalchthe­lfer, «custodi e difensori armati della città in un momento critico della sua storia». Si arriva così alla notte del 13 dicembre 1438, datachiave perché lì, nella resistenza a oltranza paragonata a quella che Sagunto oppose ai cartagines­i, viene suggellata la fedeltà di Brescia a Venezia. Svolta geopolitic­a epocale per Brescia e per la Serenissim­a — come ricorda Giancarlo Andenna — che esigeva una conferma sacrale. Cosa meglio di un miracolo compiuto dai santi patroni? Il bello è che, nell’immediato, nessuno gridò al miracolo in casa bresciana. I santi sulle mura cittadine furono invece «visos ab hostibus», visti dagli avversari, che pare giustifica­ssero con l’intervento miracoloso la decisione di levar le tende.

Non ne scrisse nelle sue memorie Francesco Barbaro, il capitano veneziano che difendeva la città. Ne fece cenno invece il vicentino Nicolò Colzé, vicario del podestà di Brescia, in una lettera del 10 gennaio 1439 in cui riferì di voci raccolte in campo avverso. La lettera fu pubblicata però solo a metà Ottocento, come ricorda Simona Gavinelli, e rinverdì dispute e polemiche.

Escluso il Colzé, i primi a evocare l’intervento miracoloso nella scelta di campo filovenezi­ana di Brescia furono cronisti del ‘4-500 come Marin Sanudo, Biondo Flavio ed il bresciano Elia Capriolo, sensibili alla vox populi ma tutt’altro che digiuni di visioni e di intenti politici. C’era infatti — lo ricorda Nicolangel­o D’Acunto in premessa — la necessità di «dare una sanzione religiosa al passaggio di Brescia dalla sfera d’influenza di Milano a quella di Venezia». Le introduzio­ni di Mario Taccolini, Giovanni Panzeri e don Maurizio Funazzi e i saggi che completano il volume (di Fabrizio Pagnoni, Simone Signaroli, Ennio Ferraglio, Alessia Cotti, Mario Trebeschi, Maria Teresa Rosa Barezzani, Giuseppe Fusari ed Elisabetta Conti) spiegano come il miracolo fu rivissuto attraverso i secoli, il che consente di «entrare nei meccanismi di costruzion­e dell’identità cittadina, che nella sua evoluzione secolare svela come i bresciani abbiano pensato se stessi, con i valori e le credenze alla base della loro convivenza». Il tutto partendo dall’anatomia di un miracolo.

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Identità

Il racconto, nella sua evoluzione secolare, svela come i bresciani abbiano pensato se stessi

 ??  ?? La battaglia Così Giandomeni­co Tiepolo rappresent­a, in maniera fortemente drammatica, «L’apparizion­e dei santi Faustino e Giovita sulle mura di Brescia» in San Faustino
La battaglia Così Giandomeni­co Tiepolo rappresent­a, in maniera fortemente drammatica, «L’apparizion­e dei santi Faustino e Giovita sulle mura di Brescia» in San Faustino
 ??  ?? Abiti religiosi Alessandro Bonvicino raffigura i santi Faustino e Giovita in abiti liturgici nello Stendardo delle Sante Croci conservato in Pinacoteca
Abiti religiosi Alessandro Bonvicino raffigura i santi Faustino e Giovita in abiti liturgici nello Stendardo delle Sante Croci conservato in Pinacoteca
 ??  ?? Stendardo Faustino e Giovita sono raffigurat­i armati e in atteggiame­nto devoto da Girolamo Romanino nello «Stendardo di San Faustino»
Stendardo Faustino e Giovita sono raffigurat­i armati e in atteggiame­nto devoto da Girolamo Romanino nello «Stendardo di San Faustino»
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Al RoverottoI santi patroni della città di Brescia sono raffigurat­i come cavalieri armati nella lapide al Roverotto, dove sarebbero apparsi nel 1438

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