Franciacorta, il nuovo corso del gusto
Non solo vino. Stefano Cerveni: «Anche noi dobbiamo fare la nostra parte»
Nelle cucine della Franciacorta tira aria nuova, voglia di fare cose innovative, di diventare parte di un progetto che, partendo dal vino, cerca di promuovere un territorio ed eccellenze come la ristorazione. Lo chef stellato Stefano Cerveni ne è convinto: «Il vino ci ha dato notorietà, ora tocca anche a noi fare la nostra parte». Accanto a quella di Cerveni, per parlare di Franciacorta, altre due storie di giovani talenti.
Cosa ha in meno la Franciacorta rispetto ad altre terre nobili del vino? Il prodotto sicuramente no, anzi persino chi lo fa da secoli – a partire dai piemontesi di Langa – sono ammirati da quanto è stato realizzato in pochi decenni tra la pianura bresciana e l’Iseo sia dal punto di vista tecnico sia da quello manageriale. La bellezza del luogo? Si può far meglio, ovviamente, ma c’è la sensazione che da qualche anno si sia imboccata la strada giusta. Il solo punto debole resta l’ospitalità. Non nel senso di amore per chi viene in cantina. Ma nella scarsa capacità di accogliere: poche camere, ancora meno hotel moderni e di livello. Ci vorrà qualche anno ma arriveranno, ne siano certi. Invece, si può lavorare subito sui locali, indispensabili per portare gente in Franciacorta e regalare una sosta golosa a chi già la conosce ma magari fugge dopo la degustazione in cantina. Su questo fronte, ci sono zone enoiche – favorite anche da spazi maggiori come il Trentino o il Collio – che sono ancora lontane ma il riscontrare «movimento», soprattutto tra i giovani chef e patron, mette di buon umore e merita di essere raccontato dai protagonisti. «Stiamo arrivando» è il leit-motiv: speriamo che altri li seguano, a breve.