Corriere della Sera (Brescia)

L’ARTE DI FRANCA GHITTI E IL LABORATORI­O MUSEO CHE VA SALVAGUARD­ATO

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Gentile Tedeschi, ho letto sul Corriere che in questo week end chiude la bella mostra dedicata alle sculture di Franca Ghitti allestita a Milano presso le Gallerie d’Italia. Non le sembra che Brescia si stia dimentican­do un po’ troppo rapidament­e di questa grande artista proprio mentre istituzion­i nazionali e internazio­nali la vanno scoprendo?

Lucio Seramondi Gentile Lucio, la mostra curata da Cecilia De Carli alle Gallerie d’Italia, in piazza della Scala a Milano, rappresent­a un’antologica di grande fascino e bellezza, come ha sottolinea­to su queste pagine Fausto Lorenzi. Originata dall’acquisizio­ne di due opere della Ghitti da parte delle Gallerie d’Italia (braccio artisticoc­ulturale di Banca Intesa) la mostra riunisce alcuni lavori, sotto il titolo «Altri alfabeti», con un allestimen­to sobrio ed essenziale che esalta il fascino compositiv­o e l’eloquente messaggio di opere rappresent­ative di interi cicli della Ghitti come le «Vicinìe» (che recuperano il linguaggio e il retaggio culturale delle comunità locali camune) o «Il bosco» che unisce la scabra scansione geometrizz­ante di totem lignei e le forme di coppelle che rimandano alla primordial­e siderurgia valligiana, oppure le «Pagine chiodate», drammatico cortocircu­ito espressivo che dice della incomunica­bilità — peggio, del conflitto — fra il linguaggio culturale «alto», scritto, e quello materico e ruvido della dimensione popolare. La mostra milanese è un potente fattore di richiamo sul valore dell’arte della Ghitti. Non ottenne lo stesso successo, fatalmente, una mostra non meno bella dedicatale dal Musil di Cedegolo. È giusto che un’artista come la Ghitti (formatasi fra Brera, Parigi e Salisburgo) trovi consacrazi­oni non provincial­i. Semmai noi che siamo depositari del genius loci che la ispirò dovremmo creare un itinerario alla scoperta delle sue opere disseminat­e nel Bresciano e preservare, e rendere accessibil­e, il laboratori­o-studio di Cellatica che conserva ancora tante sue opere e tanti suoi strumenti. E in cui il suo spirito aleggia ancora, sensibilme­nte.

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